La quota parte del prestito iscritta tra le riserve di patrimonio netto non concorre a formare la base di calcolo dell’agevolazione

Di Gianluca ODETTO

Le nuove disposizioni attuative dell’ACE, contenute nel DM 3 agosto 2017, disciplinano espressamente gli effetti sull’agevolazione delle nuove modalità di contabilizzazione dei finanziamenti infruttiferi o a tasso diverso da quello di mercato, prevedendo che non assumano rilevanza:
– né, in capo alla società finanziata, l’incremento di patrimonio netto derivante da tali nuove modalità di contabilizzazione (art. 5 comma 5);
– né, in capo alla società finanziatrice, l’incremento della voce “Partecipazioni”, che andrebbe altrimenti a ridurre la base ACE (art. 10 comma 2).

La ratio delle due norme è, in sostanza, quella di assicurare che la totalità del finanziamento ricevuto o concesso mantenga ai fini dell’agevolazione la natura di prestito anche se, per effetto dell’adozione dei nuovi principi contabili, una parte di esso viene iscritto tra le riserve di patrimonio netto (per la società che ne beneficia) o tra le partecipazioni (per la società che lo eroga).

Le due norme presupporrebbero che il finanziamento in questione sia concesso allo scopo del rafforzamento patrimoniale della partecipata, in quanto è solo questo il caso in cui occorre adottare l’impostazione contabile sin qui sintetizzata (in caso contrario, infatti, in luogo della movimentazione delle riserve di patrimonio netto la società beneficiaria iscrive a Conto economico proventi finanziari).

Per fare un semplice esempio, per un finanziamento infruttifero di 500.000 euro, l’adozione dei criteri del costo ammortizzato e dell’attualizzazione porta all’iscrizione nel passivo della società finanziata (tipicamente, una controllata), ad esempio, di un debito di 475.000 euro, mentre la differenza di 25.000 euro è iscritta tra le riserve di patrimonio netto; lungo la durata del finanziamento la società rileverà a Conto economico interessi passivi figurativi per complessivi 25.000 euro, iscrivendo quale contropartita un debito di pari importo, che va a “riequilibrare” in contabilità sino a 500.000 euro l’ammontare del debito verso la società finanziatrice (in genere, la società controllante).

In modo speculare, alla concessione del finanziamento quest’ultima società non rileva tra i crediti finanziari l’intero importo di 500.000 euro, ma quello di 475.000 euro, iscrivendo ad incremento delle partecipazioni la differenza di 25.000; lungo la durata del finanziamento verranno rilevati interessi attivi figurativi aventi come contropartita il credito stesso, che si “riespande” quindi sino all’importo originario di 500.000 euro.

Posto questo quadro, la norma contenuta nell’art. 5 comma 5 del DM 3 agosto 2017 è finalizzata ad affermare che l’importo di 25.000 euro che la società beneficiaria del finanziamento va ad iscrivere tra le riserve di patrimonio netto non può mai essere ricompreso nella base ACE, in quanto nella sostanza esso continua ad essere trattato quale parte integrante di un finanziamento (come tale irrilevante per l’agevolazione), e non di un apporto a titolo patrimoniale. Come rileva la relazione al nuovo decreto attuativo, rimane quindi fermo il principio per cui il computo dei finanziamenti nella base ACE è subordinato alla rinuncia da parte del socio, che trasforma a tutti gli effetti il debito in patrimonio netto, facendo venire meno ogni obbligo di restituzione.

Questa irrilevanza è stata giustificata da ragioni di carattere sistematico, anche se va detto che essa potrebbe generare penalizzazioni, in quanto proprio l’iscrizione degli interessi passivi figurativi va a ridurre l’utile accantonabile a riserva degli esercizi successivi, per cui a rigore avrebbe potuto esservi da parte del legislatore anche una diversa impostazione tesa ad ammettere la rilevanza della riserva in questione, al fine di controbilanciare la potenziale perdita di base ACE futura.

Ponendosi invece dal lato della società che eroga il prestito, la nuova norma contenuta nell’art. 10 comma 2 del DM 3 agosto 2017 è volta a chiarire che la stessa somma di 25.000 euro iscritta tra le partecipazioni non va a ridurre la base ACE in quanto conferimento effettuato a favore della società controllata.

In realtà, la stessa relazione precisa che questo importo “va considerato anch’esso come parte integrante del finanziamento, ai fini della lettera c) del comma 3 dell’articolo 10”; in sostanza, esso va comunque a ridurre la base ACE della società controllante, ma in qualità di incremento dei crediti di finanziamento nei confronti di società del gruppo (unitamente, va da sé, ai restanti 475.000 euro iscritti tra i crediti finanziari). Questa riduzione ha carattere temporaneo, ed è quindi destinata a riassorbirsi nella misura in cui vi sia il rimborso del finanziamento, e non è invece permanente come quella che caratterizza i conferimenti effettuati in favore delle altre società del gruppo.

La natura temporanea della riduzione non viene meno anche se, come pare, anche a seguito del rimborso del finanziamento dovrebbe permanere iscritta nell’attivo della società controllante la quota di 25.000 euro imputata ad incremento delle partecipazioni.