Tax credit energia esclusi per gli studi professionali

La norma fa riferimento alle sole «imprese», lasciando aperta la porta agli enti non commerciali

Di Pamela ALBERTI e Alessandro COTTO

Le disposizioni che consentono la proroga e il potenziamento dei crediti d’imposta a favore delle imprese per l’acquisto di energia e gas previste nel c.d. DL “Aiuti-ter”, stando alle bozze circolate, hanno in sostanza la stessa formulazione normativa delle precedenti, salvo ovviamente le peculiarità relative alla misura dei crediti, i mesi di riferimento e per le imprese non energivore la minor potenza richiesta.
L’applicazione pratica dell’agevolazione ha fatto tuttavia emergere alcuni profili problematici che accomunano tutte le versioni del beneficio in esame e che risultano enfatizzati dall’ampliamento dell’ambito applicativo previsto per le imprese non energivore.

Sotto il profilo dei soggetti beneficiari, le disposizioni agevolative fanno sempre riferimento alle “imprese”.
In assenza di specifici chiarimenti sui crediti energia, in relazione al diverso credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno ex art. 1 comma 98 della L. 208/2015, anch’esso riconosciuto dalla norma agevolativa alle “imprese”, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che per imprese si intendono “i soggetti titolari di reddito d’impresa, individuabili in base all’art. 55 del TUIR” e che, “in assenza di un’espressa esclusione normativa, si ritiene che possano beneficiare della misura agevolativa anche gli enti non commerciali con riferimento all’attività commerciale eventualmente esercitata” (circ. Agenzia delle Entrate n. 34/2016, § 1).
La stessa soluzione interpretativa è stata anche adottata con riferimento a un altro provvedimento emergenziale, il credito d’imposta teatri e spettacoli dal vivo, previsto dall’art. 36-bis del DL 41/2021 (circ. n. 14/2021, § 1).

Il riferimento alle “imprese”, nel significato sopra esposto, escluderebbe quindi dai crediti energia i professionisti (titolari di reddito di lavoro autonomo), conclusione del tutto irrazionale, anche in considerazione della riduzione del limite della potenza disponibile dei contatori a 4,5 kW.
Un problema analogo si era presentato con riferimento ai buoni benzina per i dipendenti dei professionisti, esclusi dall’agevolazione nella versione originaria del provvedimento e poi correttamente ammessi in sede di conversione del DL 21/2022.

Quanto agli enti non commerciali, stando all’impostazione tradizionale dell’Agenzia, dovrebbero poter usufruire dei crediti d’imposta con riferimento all’attività commerciale esercitata, fermo restando che non sarebbe possibile individuare la componente energia relativa all’attività commerciale nell’ipotesi che l’ente non abbia contatori separati.
Il problema tuttavia non è nuovo e, in assenza di un’espressa indicazione normativa, sembra corretto applicare il criterio proporzionale previsto dall’art. 144 comma 4 del TUIR secondo il quale le spese e gli altri componenti negativi relativi a beni e servizi adibiti promiscuamente per l’esercizio di attività commerciali e altre attività sono deducibili in base al rapporto tra l’ammontare dei ricavi e degli altri proventi che concorrono a formare il reddito d’impresa e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi. Lo stesso rapporto potrebbe fornire la base di calcolo per l’agevolazione.

La ricostruzione proposta, pur meritando una conferma di fonte ufficiale, non sembra contraddetta dalla presenza nel DL “Aiuti-ter” di alcuni specifici contributi finalizzati ad alleviare l’impatto dell’aumento dei prezzi dell’energia elettrica e del gas naturale sulle attività svolte nel settore no profit (si veda “Contributi energia per gli enti del Terzo settore” di oggi).
In questi casi, infatti, l’oggetto di intervento appare più ampio e potrebbe riguardare anche (o solo) l’attività istituzionale degli enti anch’essa colpita dal caro energia.

Essendo anche gli enti non commerciali soggetti non energivori, risulterebbe applicabile l’art. 2 comma 3-bis del DL 50/2022, in base al quale il fornitore di energia, entro sessanta giorni dalla scadenza del periodo per il quale spetta il credito d’imposta, invia al proprio cliente, su sua richiesta, il calcolo del credito d’imposta a condizione che il fornitore non sia cambiato nel periodo di calcolo.
La norma ha un’evidente finalità di semplificazione in quanto consente di demandare al fornitore continuativo di energia il calcolo del bonus, con un risparmio di costi in capo ai contribuenti e all’Agenzia delle Entrate.

La formulazione normativa appare alquanto discutibile e, più correttamente, si sarebbe dovuto far decorrere il termine di 60 giorni dalla richiesta del cliente e non dalla scadenza del periodo agevolato.
Così, con riferimento al secondo semestre, alcuni fornitori non stanno accettando la domanda di calcolo dei clienti inviata dopo il 29 agosto 2022, termine espressamente indicato anche nella delibera ARERA del 29 luglio 2022 n. 373, in quanto tardiva.
Per contro gli stessi fornitori sarebbero tenuti a rispondere in modo tempestivo a richieste pervenute in prossimità del termine, senza avere materialmente il tempo di elaborare i conteggi.

Premesso che la domanda al fornitore è una semplice opzione che non fa venir meno il diritto al credito, la formulazione normativa meriterebbe di essere riconsiderata a vantaggio di una soluzione più semplice e coerente con le finalità dell’intervento.

2022-09-21T13:28:58+00:00Settembre 21st, 2022|News|

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