Secondo il Presidente del CNDCEC è necessario un piano straordinario di rientro dei debiti, garantito dai visti di conformità dei professionisti

Di Savino GALLO

In tutti gli interventi che prevedono l’erogazione di contributi pubblici è necessario il filtro di una figura professionale come quella del commercialista, che “garantisce lo Stato e rende credibile la proposta di rientro del debito da parte del contribuente”. Così Elbano de Nuccio, Presidente del CNDCEC, ha rilanciato l’idea del “commercialista certificatore”, ruolo che ha già “dimostrato la sua efficacia nel contrasto alle frodi correlate alle cessioni dei crediti d’imposta derivanti dal bonus 110%” e che diventa “imprescindibile per attuare il piano di pagamento straordinario dei debiti di natura fiscale e contributiva”.

La proposta è stata dibattuta nel corso di un incontro, tenutosi ieri a Roma, tra il Presidente dei commercialisti italiani e i responsabili economici dei principali partiti, in vista delle elezioni del 25 settembre. Il presupposto è l’enorme ammontare di crediti tributari (oltre 1.100 miliardi, di cui solo 79 esigibili) accumulati dallo Stato e la crescente difficoltà da parte di imprese e contribuenti di far fronte ai propri debiti. “Serve – ha spiegato de Nuccio – una soluzione legislativa che agevoli il pagamento di quanto dovuto attraverso un piano straordinario supportato da garanzia pubblica”.

L’idea prevede che “lo Stato garantisca le banche e le altre istituzioni finanziarie per finanziamenti finalizzati alla rateizzazione di tributi e contributi dovuti. I finanziamenti avrebbero una durata non superiore a 15 anni, con la possibilità di avvalersi di un preammortamento fino a 36 mesi con copertura pari al massimo al 70% dell’importo finanziato”. L’erogazione del finanziamento dovrebbe essere accompagnata dalla predisposizione da parte di un commercialista di uno “specifico piano di rientro” che attesti la capacità dell’impresa di far fronte ai propri impegni.
Così facendo, “si potrebbe ridurre la tensione finanziaria delle imprese e metterle in sicurezza garantendo loro la continuità aziendale e la salvaguardia dei posti di lavoro”. La proposta prevede anche un meccanismo premiale del tipo “chi paga prima, paga meno”, ovvero uno sconto su interessi e sanzioni per chi rientra prima dai propri debiti, “il che si traduce in un vantaggio per lo Stato, che può così incassare molto più velocemente i propri crediti e, al tempo stesso, per i contribuenti che si vedono ridotti i debiti a loro carico”.

Il Presidente dei commercialisti ha poi insistito sulla necessità di “semplificare il sistema” normativo fiscale, anche attraverso la “riorganizzazione dei codici tributari e del calendario delle scadenze”, e sulla “riforma complessiva dell’IRPEF”, con una revisione dell’attuale curva di tassazione che privilegi il lavoro, andando ulteriormente a sgravare i redditi medi (da 15 a 50.000 euro), e che equipari i livelli di tassazione tra lavoro dipendente e autonomo. Si propone, inoltre, una profonda revisione delle deduzioni e detrazioni fiscali e l’eliminazione di tributi di modesta entità e scarso gettito, nonché il superamento definitivo e generalizzato dell’IRAP.

Tutte idee largamente condivise da parte dei rappresentanti politici presenti che, quasi all’unisono, hanno convenuto in particolare sulla necessità di prevedere un nuovo piano di “pace fiscale”, che contempli rateizzazioni più ampie in favore dei contribuenti e la rottamazione delle cartelle con importi più esigui.

Più in generale, tutti hanno condiviso l’esigenza di ricreare un nuovo patto di fiducia tra contribuenti e Fisco, che “deve smetterla – ha sottolineato Luigi Marattin – di considerare il cittadino e le imprese come degli evasori che non sono ancora stati scoperti”. La riscossione va rivoluzionata, ha aggiunto l’esponente di Azione-Italia Viva, con un “approccio manageriale”, mentre tutto ciò che si recupera dalla lotta all’evasione “deve essere automaticamente destinato alla riduzione delle tasse”.

Il contribuente, ha rimarcato Emiliano Fenu del Movimento 5 Stelle, “deve essere messo nelle condizioni di conoscere le stesse informazioni in possesso dell’Agenzia delle Entrate”, in questo modo “si fa prevenzione e si combatte in modo più efficace l’evasione fiscale”.

Secondo Maria Cecilia Guerra, Sottosegretaria al MEF del Governo Draghi in quota Pd/Leu, “bisogna evitare che il Fisco chieda ai contribuenti informazioni di cui è già in possesso”, mentre Maurizio Leo di Fratelli d’Italia propone modifiche all’assetto dell’Agenzia, “separando la funzione interpretativa da quella accertativa”.

Il nuovo rapporto si dovrà fondare, secondo Ermando Siri della Lega, anche su una differente considerazione del Fisco tra “i veri evasori e coloro che invece dichiarano ma poi sono impossibilitati a pagare le tasse”. In un momento di crisi come quello che stiamo vivendo, è necessario “andare incontro ai tanti cittadini che faticano ad arrivare a fine mese”.