Secondo la Cassazione non è più possibile chiedere il rimborso di quanto pagato

Di Alice BOANO

È valida ed efficace l’adesione ai sensi del DLgs. 218/97 sottoscritta dall’ex socio e liquidatore di una società di capitali estinta e cancellata dal registro delle imprese in epoca anteriore all’emanazione dell’atto impositivo.
Una volta sottoscritto l’accordo, infatti, non è ammesso il rimborso di quanto pagato facendo valere l’impossibilità, per l’ex liquidatore, di stipulare l’adesione.
A stabilirlo la Cassazione con l’ordinanza n. 26109 depositata ieri, 17 novembre 2020.

Nel caso di specie, una srl aveva ricevuto un avviso di accertamento notificato all’ex liquidatore, il quale aveva successivamente definito l’accertamento con adesione mediante stipula e sottoscrizione dell’accordo con l’Ufficio.
Dopo il pagamento delle prime cinque di dodici rate, il contribuente aveva presentato istanza di revoca e annullamento dell’accordo adducendo il proprio difetto di legittimazione a prestare l’accordo in quanto, da oltre tre anni, la società era estinta e cancellata dal registro delle imprese ex art. 2495 c.c.

L’Amministrazione finanziaria ha rigettato l’istanza e l’ex liquidatore ha, a sua volta, impugnato con esito positivo il diniego davanti alla commissione tributaria provinciale di Latina. La decisione è stata confermata in appello, in occasione del quale è stato osservato che la cancellazione della società ex art. 2495 c.c. comporta l’inefficacia dell’avviso di accertamento ed il difetto di legittimazione dell’ex liquidatore della società estinta, ormai privo di rappresentanza, a definire con adesione l’accertamento, in nome e per conto dell’ente collettivo, non più esistente.

I giudici di legittimità, accogliendo invece l’impostazione della difesa erariale, richiamano innanzitutto i principi espressi dalla Cassazione che, nella sua composizione più autorevole, aveva affermato che, dopo la riforma del diritto societario attuata dal DLgs. 6/2003, qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale l’obbligazione della società non si estingue, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, “pendente societate”, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali (Cass. SS.UU. 12 marzo 2013 n. 6070, Cass. SS.UU. 22 febbraio 2010 n. 4060).

Da ciò ne discende che la definizione dell’accertamento con adesione determina l’intangibilità della pretesa erariale oggetto del concordato intervenuto tra le parti, risultando normativamente esclusa per il contribuente la possibilità di impugnare tale accordo, in accordo con quanto previsto dal secondo comma dell’art. 3 del DLgs 218/97. A maggior ragione, perciò, l’atto impositivo oggetto di transazione conserva efficacia, ma solo a garanzia del fisco, fino a quando non sia stata interamente eseguita l’obbligazione scaturente dal concordato.

Alla luce di tali principi, i giudici di legittimità ritengono preclusa ogni forma di impugnazione, dunque anche le istanze di rimborso devono ritenersi precluse in quanto costituirebbero una surrettizia forma di impugnazione dell’accertamento che alla luce della ratio dell’istituto, deve ritenersi intangibile.