Assonime prospetta la possibilità di una mera «rimodulazione» dell’art. 2086 comma 2 c.c.

Di Maurizio MEOLI

Le indicazioni dell’art. 2086 comma 2 c.c. operano anche nell’attuale contesto emergenziale, ma i relativi obblighi devono essere rimodulati alla luce degli strumenti previsti dalla legislazione emergenziale e della situazione di incertezza sui tempi di ripresa del sistema economico generale.
Ad affermarlo è Assonime nella “Guida pratica per le imprese alla legislazione di emergenza Covid-19”, resa pubblica ieri.

Ai sensi dell’art. 2086 comma 2 c.c., come inserito dall’art. 375 comma 2 del DLgs. 14/2019, l’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.

Rispetto a esso, Assonime ricorda come, sebbene la questione sia stata dibattuta, anche in sede parlamentare, non si sia poi deciso per una sua sospensione temporanea, con una scelta di politica legislativa tesa a conservare, anche nell’attuale fase, gli obblighi che ricadono sugli amministratori con l’approssimarsi o l’evolversi di una situazione di crisi dell’impresa. Risulta, quindi, confermata l’importanza dell’organizzazione e del costante monitoraggio del rischio, quale strumento fondamentale per la gestione efficiente delle situazioni di crisi, a prescindere dalle relative origini.
Anche oggi, allora, è utile la definizione di un programma operativo nel quale documentare i processi decisionali e indicare i possibili scenari futuri con i relativi rimedi.

Ad ogni modo, gli obblighi contemplati dal citato articolo devono essere calibrati rispetto agli strumenti della legislazione emergenziale e alla straordinaria situazione di incertezza sui tempi di ripresa del sistema economico generale. In particolare, essi devono essere finalizzati a: verificare se gli assetti societari siano adeguati anche in tale contesto di crisi o se richiedano un ripensamento (anche alla luce del rischio di nuove “chiusure”); monitorare la sostenibilità dell’attività d’impresa nel periodo di emergenza, analizzando le cause della situazione di difficoltà in atto e valutando le concrete prospettive di riequilibrio economico finanziario; pianificare e attuare i rimedi più idonei per ripristinare tale equilibrio ed evitare l’interruzione dell’attività.

L’analisi della (eventuale) situazione di difficoltà dell’impresa potrebbe rivelare una situazione di crisi di liquidità temporanea e reversibile oppure più gravi situazioni di perdita della continuità aziendale, nonché di crisi/insolvenza dell’impresa.
All’analisi della situazione di difficoltà segue l’individuazione dei rimedi, anche emergenziali, da adottare. Potrebbe optarsi per l’utilizzo di misure tese a favorire l’afflusso di nuove risorse alla società in crisi e a contenere gli effetti della situazione contingente sulla continuità operativa delle imprese. Ma è anche opportuno prendere in considerazione tutte le operazioni cui si ricorre in situazioni di difficoltà: ridefinizione dell’azione industriale (ad es., riposizionamento strategico sul mercato, riorganizzazione dei canali di vendita);pianificazione strategica della struttura finanziaria dell’impresa (conversione di debito in azioni, emissione di strumenti finanziari partecipativi, finanziamenti soci, agevolati dalla deroga alla regola della postergazione); operazioni straordinarie dirette a un rafforzamento patrimoniale.

Peraltro, qualora dovesse emergere che i flussi di cassa prospettici non siano in grado di assicurare il superamento dello stato di difficoltà in atto, manifestandosi una situazione di crisi, gli amministratori dovrebbero valutare il ricorso agli strumenti della legge fallimentare, individuando quello più aderente alla situazione dell’impresa. Anche in tal caso, nella scelta concreta, dovranno considerarsi altresì le nuove opportunità introdotte in via transitoria dal DL 23/2020 convertito, scegliendo se adattare i vecchi istituti al nuovo contesto o prediligere i nuovi strumenti previsti dalla legislazione d’emergenza.

La Guida Assonime, infine, ricorda come l’art. 106 del DL 18/2020 convertito abbia riconosciuto la possibilità di utilizzare – anche in deroga allo statuto – le modalità di voto a distanza (per corrispondenza e in via elettronica) e di partecipare all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione. Tale modalità è stata ritenuta applicabile anche alle “riunioni” (cui si riferiva il DPCM 8 marzo 2020) di tutti gli organi sociali pur in assenza di una espressa previsione statuaria in tal senso.

Con la riduzione dei contagi, poi, i DPCM 8 marzo 2020 e 9 marzo 2020 sono stati abrogati ed è stata riconosciuta la possibilità di svolgere riunioni con la presenza di più persone nello stesso luogo purché nel rispetto della regola del distanziamento fisico di almeno un metro (art. 1 comma 10 del DL 33/2020 convertito). Rimane ferma, tuttavia, fino al 15 ottobre 2020, la facoltà di svolgere le sedute degli organi collegiali in videoconferenza, anche se tale modalità non sia stata preventivamente regolamentata (art. 73 comma 4 del DL 18/2020, prorogato dal DL 83/2020).