La naturale sottocapitalizzazione delle srls non può considerarsi atto illecito

Di Maurizio MEOLI

Il Tribunale di Milano, con la sentenza 3 dicembre 2019 n. 11105, fornisce interessanti chiarimenti in ordine alle srls unipersonali e, almeno da quanto ci consta, per la prima volta in giurisprudenza richiama nel suo percorso motivazionale il nuovo obbligo di istituire un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile.

Nella specie, vengono rigettate, in quanto ritenute infondate, le domande del creditore di una srls unipersonale (costituita il 18 settembre 2014 con 2.000 euro di capitale sociale) che, stante il mancato pagamento di canoni e forniture, ed avendo constatato l’incapienza patrimoniale della società, agiva nei confronti del socio unico ed amministratore della stessa. In particolare, quanto alla qualità di socio, per la manifesta sottocapitalizzazione della società, e, quanto alla posizione di amministratore, per aver proseguito l’attività sociale nonostante l’emersione di rilevanti perdite nel bilancio approvato il 30 aprile 2015, tali da erodere completamente il capitale sociale; così violando le disposizioni che impongono, verso i creditori sociali, l’osservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale (cfr. l’art. 2394 c.c., già ritenuto applicabile alle srl, ed oggi espressamente replicato nel nuovo art. 2476 comma 6 c.c.), e determinando un ulteriore peggioramento della situazione della società attraverso il rinvio della messa in liquidazione della società di quasi un mese (il 28 maggio 2015).

Quanto al primo aspetto, con il quale, in pratica, la parte attrice imputa al socio unico della srls quale fatto illecito la costituzione stessa della società con un capitale esiguo, il Tribunale di Milano sottolinea come una simile pretesa si ponga in contrasto con l’attuale assetto normativo che consente – e, addirittura, incoraggia, con agevolazioni e risparmi di spesa – la costituzione di srl con capitale “pari ad almeno 1 euro e inferiore all’importo di 10.000 euro”, purché integralmente versato (art. 2463-bis comma 2 n. 3 c.c.).

D’altro canto, ragionando in questi termini si finirebbe per disconoscere il benefico della responsabilità limitata in tale tipo di società almeno fino al momento dell’accantonamento di riscorse patrimoniali pari ad almeno 10.000 euro (ex art. 2463 comma 5 c.c.). Conclusione contraria alle attuali indicazioni normative, ai principi generali relativi a tutte le società a responsabilità limitata e, in particolare, con riguardo al caso di specie, al principio cardine e imprescindibile di cui all’art. 2462 comma 2 c.c., in base al quale per le obbligazioni sociali risponde soltanto la srl con il suo patrimonio, anche nel caso in cui la partecipazione appartenga ad una sola persona, sempre che siano stati effettuati i conferimenti e sia stata attuata la dovuta pubblicità.

Non vi è dubbio, tuttavia, che i creditori potrebbero ricorrere agli strumenti civilistici per ampliare il quadro delle garanzie reali o personali a carico dei soci, che risponderanno in tal caso a titolo personale secondo le medesime norme civilistiche.

Quanto all’obbligo di conservazione dell’integrità del patrimonio sociale, il Tribunale sottolinea come sia necessario coniugare lo stesso, che certamente grava anche sull’amministratore di una srls, con la fisiologica situazione che connota l’avvio di una realtà imprenditoriale, ferme restando le caratteristiche proprie della srls (dove dal principio di progressiva patrimonializzazione, che emerge dall’art. 2463 comma 5 c.c., non può certamente evincersi un obbligo giuridico di realizzare utili da accantonare).

A tali fini, allora, si reputa possibile prendere in considerazione i criteri per la verifica ex ante della corretta gestione societaria, che – tratti dalla disciplina aziendalistica e fondati sulla corretta prassi imprenditoriale – non solo sono stati recepiti dalla dottrina e dalla giurisprudenza, ma sono divenuti veri e propri obblighi di legge tramite il nuovo art. 2086 comma 2 c.c., ai sensi del quale, imprenditori ed amministratori hanno il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.

A fronte di ciò, i giudici milanesi osservano come, nel caso di specie, la condotta dell’amministratore della srls non sia affatto da censurare, dal momento che, in assenza di qualsiasi rilievo circa l’assetto organizzativo della società, e neppure con riguardo ad eventuali profili contabili, in esito al primo bilancio approvato nei termini, e sul quale la parte attrice non formulava alcuna critica, “senza indugio” – cosi come richiesto dagli artt. 2482-ter comma 1 e 2485 comma 1 c.c. – decideva la messa in liquidazione della società.

Tale ultima circostanza esclude, altresì, profili di responsabilità con riguardo ad un eventuale aggravamento dell’esposizione debitoria per un’ipotetica tardiva messa in liquidazione della società. Non solo perché, nella specie, i tempi di reazione sono reputati assolutamente “congrui”, ma anche perché l’aggravio asseritamente verificatosi tra il 30 aprile ed il 28 maggio 2015, pari a circa 2.300 euro, risulta in concreto non pertinente.