Con la presenza di soggetti dell’ente ed esterni possibile un equilibrio tra le diverse esigenze di indipendenza e di conoscenza dei meccanismi operativi

Di Leonardo CUTTICA

A differenza del DLgs. 231/2001, che si limita a indicare (art. 6 lett. b) un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo, la dottrina fornisce alcuni elementi utili a definire la composizione e i requisiti dell’OdV e le possibili soluzioni circa la sua composizione. In particolare, sono ipotizzate le soluzioni di un organismo a composizione monocratica o collegiale, di utilizzo di funzioni esistenti e della partecipazione di soggetti interni/esterni all’ente. Giova a questo proposito richiamare il manuale “Modello organizzativo DLgs. 231/2001 e Organismo di Vigilanza” predisposto dal Gruppo multidisciplinare dell’ODCEC di Torino sul sistema dei controlli e DLgs. 231.

Va innanzitutto ricordato il necessario criterio di proporzionalità nel dotare l’ente di un assetto organizzativo, che sarà “adeguato” ove la sua struttura risulti proporzionata alle dimensioni e alla complessità dell’ente stesso; ciò ha portato a un orientamento prevalente per la composizione collegiale, maggiormente rispondente ai necessari requisiti di idoneità ed efficienza.

Trascurando l’ipotesi – seppur disciplinata dal comma 4 dell’art. 6 del DLgs. 231/2001 – di affidamenti dei compiti dell’OdV all’organo dirigente, avversata dalla dottrina prevalente vista l’evidente posizione di conflitto di interessi, assume particolare rilievo l’opzione dell’affidamento dei compiti dell’OdV al Collegio sindacale, ai sensi del comma 4-bis nell’art. 6 del DLgs. 231/2001 (soluzione ora diffusamente praticata e adottata in via strutturale ad esempio nel settore bancario).
Nella prassi è preferita la composizione “mista” (organismo collegiale costituito da soggetti dell’ente – responsabile internal audit, funzione legale, amministratore indipendente – e da soggetti esterni) in quanto consente di raggiungere un equilibrio tra le diverse esigenze di indipendenza e di conoscenza dei meccanismi operativi dell’ente.

Con riferimento ai requisiti, sono stati individuati come necessari i requisiti di autonomia (libertà di azione e di autodeterminazione dei componenti l’OdV oltreché attribuzione all’OdV di poteri autonomi e messa a disposizione degli strumenti necessari al suo efficace funzionamento), di indipendenza (riferito all’attitudine mentale e alla forma mentis del componente, che non dovrà essere coinvolto in mansioni operative e in sovrapposizioni tra le figure del controllore e del controllato), di professionalità (riferito al bagaglio di strumenti e tecniche specialistiche), di onorabilità (che attiene ai precedenti giudiziari del singolo membro) e di continuità di azione (da considerarsi un “requisito di funzionalità operativa” più “soggettivo”, che potrà essere rafforzata grazie a un sistema efficiente di flussi informativi e in taluni casi grazie alla dotazione di una segreteria tecnica di supporto all’attività).

La nomina dell’OdV è di competenza dell’organo amministrativo e dovrà prevedere l’attribuzione di un compenso, in coerenza con la generale considerazione che la gratuità della funzione tende a indebolire la diligenza nello svolgimento delle attività. All’OdV dovrà poi essere riservato un budget di spesa, elemento centrale per l’autonomia, al quale potrà attingere per ogni esigenza necessaria al corretto svolgimento dei suoi compiti (consulenze specialistiche, trasferte, ecc.).

Quanto alle attività, incentrate sulla vigilanza sul funzionamento e sull’osservanza del modello, assumono rilevanza, oltre a quelle ordinarie da svolgere nel corso del mandato, le ulteriori attività da svolgere nella fase propedeutica all’adozione del MOG così come nella fase successiva a un eventuale reato. Limitandosi in questa sede alle attività da svolgere nel corso del mandato, si richiama l’attenzione sulla fase di start up, nel corso della quale l’OdV dovrà prendere conoscenza del modello e verificare che sia idoneo alla prevenzione dei reati; ciò attraverso un riesame delle modalità con cui sono state compiute le fasi di risk assessment, di as-is analysis, di gap analysis, di mappatura dei processi e di valutazione dei protocolli.

L’OdV dovrà, poi, svolgere un’attività connessa alla gestione e manutenzione del modello, attività che si concretizza in: vigilanza sull’effettività del modello (verifica della coerenza tra i comportamenti concreti e il modello istituito); vigilanza sull’adeguatezza del modello (verifica della capacità del modello di prevenzione dei reati); vigilanza circa l’adeguata diffusione del modello all’interno dell’ente; analisi circa il mantenimento nel tempo dei requisiti di solidità e funzionalità del modello (come emergente in esito a un controllo in continuità sull’adeguatezza e all’esame dei flussi informativi); cura (nel senso di segnalazione e proposta all’organo competente) dell’aggiornamento in senso dinamico del modello (che potrebbe rendersi necessario nelle ipotesi di modifiche normative, di mutamenti nella struttura organizzativa, di commissione di reati o di significative violazioni al modello stesso).

Infine, va ricordata l’esigenza di documentazione delle attività svolte, poiché l’OdV potrebbe essere chiamato a documentare ex post (magari a distanza di alcuni anni) l’effettività delle proprie attività le modalità con cui l’attività di vigilanza è stata effettivamente svolta.