Per il Ministro Tria non farli entrare in vigore sarebbe un passo indietro, ma i commercialisti ribadiscono la necessità di un passaggio più graduale

Di Savino GALLO

Niente applicazione facoltativa dei nuovi indici di affidabilità fiscale per l’anno in corso. A chiudere la porta a un eventuale provvedimento in questa direzione, più volte invocato tanto dal Consiglio nazionale quanto dalle associazioni dei commercialisti, è Giovanni Tria.

Intervenuto ieri nel corso del question time alla Camera, il Ministro dell’Economia ha spiegato che, considerati i ritardi e i conseguenti disagi che si sono registrati nelle ultime settimane, si è già deciso di prorogare al 30 settembre 2019 i termini dei versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi IRAP e IVA in scadenza al 30 giugno e che oltre questo provvedimento non si andrà.

“Gli ISA – ha ricordato il titolare del MEF – sono indici che l’Amministrazione finanziaria ha messo a punto con la collaborazione delle categorie interessate” e, rispetto ai vecchi studi settore, rappresenterebbero un adempimento “molto semplificato: i modelli ISA approvati per il periodo d’imposta 2018, paragonati ai modelli studi di settore approvati per l’annualità 2015, mostrano una rilevante contrazione delle informazioni richieste”.

Un “primo passo” verso un percorso di semplificazione che, come previsto dal decreto crescita, dovrebbe continuare a partire dal periodo d’imposta 2020, quando “dai modelli da utilizzare per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione di questi indici saranno esclusi i dati già contenuti negli altri quadri dei modelli di dichiarazione previsti ai fini delle imposte sui redditi”.

Rispetto agli studi di settore, inoltre, “è ora previsto – ha ricordato Tria – un sistema di regole premiali che accompagna i contribuenti soggetti alla dichiarazione ISA che conseguano punteggi di affidabilità elevati”. Di conseguenza, “qualora si prevedesse un’applicazione depotenziata (leggasi facoltativa, ndr) dello strumento ISA, si determinerebbe un indesiderabile effetto di penalizzazione proprio per i contribuenti più virtuosi e un altrettanto non desiderabile effetto premiante per i soggetti con minore affidabilità fiscale”.

I primi “si vedrebbero privati della possibilità di accedere ai rilevanti benefici premiali previsti dalla norma istitutiva dell’ISA”, mentre i secondi “non sarebbero adeguatamente individuati ai fini dell’analisi del rischio di evasione fiscale, rispetto alla quale gli ISA costituiscono un efficace strumento, utile a definire specifiche strategie di controllo”. Attività, quest’ultima, che dunque “rischierebbe di rivolgersi indistintamente a tutta la platea dei contribuenti, in essa compresi i contribuenti più virtuosi”.

Di qui, l’indisponibilità del Governo sulla possibilità di rendere facoltativi per l’anno in corso gli indici di affidabilità fiscale che, a dispetto di quanto sostenuto dal Viceministro al MEF Garavaglia (secondo cui gli ISA sono “uno strumento inutile che presto verrà abrogato”), il Ministro Tria definisce “un’evoluzione rispetto ai precedenti strumenti accertativi, indicativi del nuovo rapporto tra Fisco e contribuente. Non farli entrare in vigore e riesumare i vecchi studi di settore sarebbe, anche per ammissione delle categorie professionali coinvolte, un passo indietro rispetto al più innovativo sistema di compliance”.

L’efficacia degli ISA nella costruzione di un nuovo rapporto tra Fisco e contribuenti, ha commentato Massimo Miani, Presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, “potrà essere verificata nel tempo. Per il momento sappiamo solo che i ritardi nella diffusione dei software e una serie di sostanziali problemi applicativi stanno generando grandi difficoltà a tutti i professionisti italiani”.

Per questo, nonostante la netta chiusura di Tria, Miani ribadisce “con forza” la “richiesta di facoltatività per questo primo anno di loro applicazione”. C’è la consapevolezza che un provvedimento del genere creerebbe “problemi di gettito”, dato che all’introduzione degli ISA sono collegati 1,3 miliardi di maggiori entrate per lo Stato, ma, aggiunge Miani, “non ci pare più accettabile che questo problema ricada sistematicamente sulle nostre spalle”.

Nel comunicato diffuso nella serata di ieri, il numero uno dei commercialisti ricorda anche di non aver “mai chiesto” un ritorno agli studi di settore, di aver partecipato ai lavori delle Commissioni consultive sui nuovi ISA, come sottolineato da Tria, ma “non alla costruzione materiale dello strumento”.

Rimane il fatto che “gli indici, alla prima prova sul campo, stanno generando problemi di innegabile rilevanza. Chiediamo – ha concluso Miani – solo che di questo si prenda atto, non per tornare indietro a un passato che non rimpiangiamo, ma per costruire assieme all’Amministrazione fiscale un percorso più graduale e razionale in un passaggio così significativo”.