Obblighi comunicativi per tutte le operazioni nei confronti di soggetti non residenti e non stabiliti salvo bolletta doganale

Di Emanuele GRECO e Simonetta LA GRUTTA

Per le fatture emesse a partire dal 1° gennaio 2019, ai sensi dell’art. 1 comma 3-bis del DLgs. 127/2015, è stabilito l’obbligo di comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi che intercorrono con soggetti non residenti e non stabiliti in Italia.

La comunicazione non è dovuta per le operazioni relativamente alle quali è stata emessa una fattura elettronica o una bolletta doganale.
Il termine per effettuare la comunicazione è l’ultimo giorno del mese successivo a quello della data di emissione o di registrazione della fattura ai fini della liquidazione dell’IVA.

A livello procedurale, i dati relativi alle operazioni transfrontaliere saranno trasmessi all’Agenzia delle Entrate telematicamente e rappresentati in formato XML (specifiche tecniche allegate al provv. Agenzia delle Entrate n. 89757/2018). Ai fini dell’accettazione del file XML, è richiesta l’apposizione di una firma elettronica da parte del soggetto responsabile della trasmissione dei dati (il soggetto passivo obbligato o il professionista delegato). Se il file è caricato mediante il servizio “Fatture e Corrispettivi”, è sufficiente il sigillo elettronico dell’Agenzia delle Entrate.

Sotto il profilo oggettivo, sono interessate dalla comunicazione:
– le cessioni intracomunitarie e le operazioni ad esse assimilate;
– le cessioni domestiche di beni a soggetti che non sono né residenti né stabiliti in Italia (ad esempio, la vendita di beni ubicati nel territorio nazionale nei confronti di una società residente e stabilita all’estero, in quanto operazione territorialmente rilevante exart. 7-bis del DPR 633/72);
– le prestazioni di servizi, di qualunque natura, rese nei confronti di soggetti che non sono né residenti né stabiliti in Italia;
– gli acquisti intracomunitari e quelli ad essi assimilati;
– gli acquisti domestici di beni da soggetti non residenti e non stabiliti in Italia;
– le prestazioni di servizi, di qualunque natura, ricevute da parte di soggetti non residenti e non stabiliti.

Devono, tra l’altro, ritenersi incluse negli obblighi comunicativi le operazioni nei confronti di privati che non hanno la residenza in Italia. Ad esempio, vi rientrerebbero le prestazioni di servizi B2C, anche territorialmente non rilevanti ai fini IVA in Italia (artt. da 7-ter a 7-sexies del DPR 633/72) per il fatto che sono soggette agli obblighi di fatturazione ex art. 21 comma 6-bis del DPR 633/72.

È irrilevante il fatto che alcune di queste operazioni siano soggette anche al monitoraggio dei modelli INTRASTAT (risposte dell’Agenzia delle Entrate al videoforum CNDCEC del 15 gennaio 2019).
A seconda della natura dell’operazione, il file XML dovrà esporre un diverso codice, ad esempio:
– “N2” per le prestazioni di servizi fuori campo IVA (servizi a soggetti passivi extra Ue);
– “N3” per le operazioni non imponibili (servizi internazionali ex art. 9 del DPR 633/72, cessioni intracomunitarie ex art. 41 del DL 331/93);
– “N6” per i servizi a soggetti passivi UE (dicitura “inversione contabile”) e per le autofatture derivanti da acquisti di servizi intra Ue o da acquisti intracomunitari;
– “N7” per le prestazioni di servizi in regime MOSS.
Sono, invece, escluse le importazioni, in quanto scortate da bolletta doganale e ad analoghe conclusioni dovrebbe giungersi per le esportazioni (circolare Assonime n. 26/2018).

Più in generale la comunicazione non è dovuta se i dati delle operazioni sono trasmessi mediante fattura elettronica (tra cui, il tax free shopping), anche se il documento elettronico è emesso su base volontaria. L’emissione della e-fattura, sostitutiva della comunicazione, è certamente possibile per le operazioni attive (come codice destinatario viene inserito 7 volte “X”).

Non è stata, al momento, riconosciuta in via ufficiale dall’Agenzia delle Entrate la possibilità di emettere autofattura in formato XML in sostituzione degli obblighi di integrazione della fattura ricevuta dal fornitore di un altro Stato membro.

Sul piano soggettivo, non sono tenuti ad effettuare la comunicazione:
– i soggetti passivi non residenti e non stabiliti in Italia, anche se dotati di un numero identificativo IVA (tale aspetto è stato chiarito dalla circolare Assonime n. 26/2018);
– i soggetti in regime di vantaggio (art. 27 commi 1 e 2 del DL 98/2011) ed in regime forfetario (art. 1 della L. 190/2014, modificata con L. 145/2018);
– le associazioni sportive dilettantistiche e gli altri enti assimilati, se i proventi dell’anno precedente non sono stati superiori a 65.000 euro.