Per l’Agenzia, può produrre una plusvalenza anche l’eventuale conferimento dello studio associato in una neo-costituenda società tra professionisti

Di Salvatore SANNA

Con la risposta all’interpello n. 107 del 12 dicembre 2018, pubblicata ieri, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta sul regime fiscale applicabile nel caso di uno studio associato che esercita l’attività professionale e che intende procedere con la propria trasformazione in una società tra professionisti nella forma giuridica di società in accomandita semplice.

In merito al regime fiscale rilevante ai fini delle imposte dirette, in primo luogo l’Amministrazione finanziaria osserva che il principio della neutralità fiscale previsto dall’art. 170 del TUIR non può essere applicato al caso di specie, in quanto tale disposizione risulta valida se i beni permangono nell’ambito del reddito di impresa a seguito dell’operazione.
La disciplina fiscale applicabile alla trasformazione in argomento, invece, si rinviene nei principi dettati dall’art. 171, comma 2 del TUIR, per le operazioni di trasformazione che comportano l’ingresso, o la fuoriuscita, dei beni dal regime di impresa.

Occorre quindi riferirsi all’art. 171 del TUIR, il quale disciplina le trasformazioni eterogeneeche comportano il passaggio:
– da società lucrative a enti non commerciali;
– da enti non commerciali a soggetti IRES, per mezzo del rinvio all’art. 2500-octies c.c.
Proprio quest’ultima tipologia di trasformazione si considera conferimento limitatamente ai beni diversi da quelli già compresi nell’azienda o complesso aziendale dell’ente stesso.
Per questo motivo, la trasformazione prospettata viene assimilata sul piano fiscale a un conferimento di beni di cui all’art. 171, comma 2 del TUIR.

Di conseguenza, poiché il soggetto conferente produce prevalentemente reddito di lavoratore autonomo, la trasformazione da studio associato a STP in forma di società in accomandita semplice sarà disciplinata dal combinato disposto degli artt. 9 e 54 del TUIR.
Nello specifico, si chiarisce che trova applicazione in capo al soggetto conferente/trasformando l’art. 54, comma 1-bis, lett. a) del TUIR, il quale dispone che concorrono a formare il reddito di lavoro autonomo le plusvalenze dei beni strumentalirealizzate mediante cessione a titolo oneroso.
Il successivo comma 1-ter sancisce che il valore delle plusvalenze è dato dalla differenza tra il corrispettivo e il costo non ammortizzato nonché, in assenza di corrispettivo, dalla differenza tra il valore normale del bene e il costo non ammortizzato.

Risulta, poi, di particolare interesse il passaggio in cui si afferma che “per i beni diversi da quelli strumentali e per i crediti conferiti trova, invece, applicazione l’articolo 9, comma 2, del TUIR secondo cui si considera corrispettivo conseguito il valore normale dei beni e dei crediti conferiti a seguito della trasformazione in società tra professionisti – S.a.s., il quale concorrerà alla formazione del reddito di lavoro autonomo”.
Sembra, pertanto, che l’intervento di prassi in commento preveda l’imponibilità per il conferente/soggetto trasformando dell’eventuale apporto della clientela che può produrre reddito di lavoro autonomo ai sensi dell’art. 54 comma 1-quater del TUIR.

Anche se l’Agenzia delle Entrate non lo afferma espressamente, la nuova interpretazione pare superare quanto chiarito nella ris. Agenzia delle Entrate n. 177 del 9 luglio 2009. In tale sede, era stato affermato che l’apporto della clientela da parte dei futuri associati in occasione della costituzione di un’associazione professionale, senza che sia prevista la corresponsione di alcun compenso, configura un’operazione fiscalmente irrilevante in capo ai medesimi.
Questa impostazione deriva da fatto che l’art. 54 comma 1-quater del TUIR dispone la concorrenza alla formazione del reddito di lavoro autonomo professionale dei “corrispettivi” percepiti a seguito della cessione della clientela o di elementi immateriali comunque riferibili all’attività artistica o professionale. In assenza di corrispettivo, quindi, l’apporto non dovrebbe assumere alcuna rilevanza reddituale.

Con riferimento alla tipologia di reddito a cui le società tra professionisti costituite nelle forme di società commerciali sono assoggettate, si conferma l’applicazione del combinato disposto degli artt. 6, comma 3, e 81 del TUIR, i quali collegano la tipologia reddituale alla natura giuridica del contribuente. Considerato che la società tra professionisti che si intende costituire assume la veste giuridica di sas, il reddito dalla stessa prodotto deve quindi essere qualificato come reddito d’impresa.
Nello stesso senso, si era espressa la risoluzione n. 35 del 7 maggio 2018 in merito alle società tra avvocati costituite sotto forma di società di persone o di capitali. Muovendo da questo presupposto, per le prestazioni effettuate dalla sas, non deve essere operata la ritenuta d’acconto del 20% prevista dall’art. 25, comma 1 del DPR 600/73.