Secondo l’Agenzia delle Entrate comportamenti incompatibili con la volontà di esercitare la rivalsa impediscono ripensamenti

Di Antonio NICOTRA

Con la risposta a interpello n. 84, pubblicata ieri, l’Agenzia delle Entrate affronta un’interessante fattispecie in tema di esercizio della rivalsa successiva IVA ex art. 60comma 7 del DPR 633/72, ove la compagine societaria del cedente rivalsante coincide con quella del suo cessionario rivalsato, poi estintosi.

Per l’Agenzia, l’esistenza di comportamenti della società cedente incompatibili con la volontà di esercitare la rivalsa post accertamento, determina un effetto preclusivo del diritto. Se la società cedente, pur avendo la possibilità di esercitare la rivalsa prima della cancellazione dal Registro imprese della cessionaria, abbia deliberatamente deciso di non compierla, non potrà successivamente rendere neutrale nei suoi confronti l’operazione.
Non potrà addebitare l’IVA nei confronti della cessionaria estinta, in quanto essa perde la sua identità sociale; né potrà esercitare la detrazione, attraverso il meccanismo della nota di variazione ex art. 26 comma 1 del DPR 633/72.

Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate recuperava la maggiore IVA nei confronti del cedente, contestando alcune fatture emesse. La società cedente definiva, tramite adesione ex artt. 6 e ss. del DLgs. 218/97 optando per il pagamento rateale, le pretese contenute negli atti impositivi, ma non esercitava contestualmente il diritto di rivalsa nei confronti del cessionario ex art. 60 comma 7 del DPR 633/72. Accadeva, successivamente, che il cessionario si cancellava dal Registro delle imprese.

L’art. 60 comma 7 del DPR 633/72 ha introdotto il diritto alla rivalsa IVA post accertamento, innovando il sistema previgente che vietava tout court la rivalsa successiva. La norma stabilisce che il cedente ha il diritto di rivalersi dell’imposta o maggiore imposta accertata, previo “pagamento dell’imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi”, garantendo, altresì, al cessionario la neutralità attraverso la detrazione dell’IVA.

Veniva prospettata dalla società cedente la possibilità di esercitare la detrazione, rata per rata, con l’emissione delle note di variazione ex art. 26 del DPR 633/72 (che sarebbero state fonte di IVA detraibile).
L’Agenzia delle Entrate non condivideva la soluzione in special modo siccome essa, pur avendo avuto la possibilità di esercitare la rivalsa prima della cancellazione dal Registro imprese della controparte, non lo ha volutamente fatto.

Si rammenta, però, che la circolare 17 dicembre 2013 n. 35 § 3.5 – richiamata anche nella risposta a interpello in commento – affronta un problema sul profilo della neutralità dell’IVA simile a quello in esame, ove le posizioni dei soggetti coinvolti sono diverse (inerente ad una fusione per incorporazione).
In quell’occasione, l’Agenzia aveva disposto che, in ossequio al principio di neutralità, l’incorporante/committente può esercitare il diritto alla detrazione ex art. 60 comma 7 del DPR 633/72, anche al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui si è provveduto pagamento dell’imposta, della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi.

L’Agenzia delle Entrate, infine, rammenta che la rivalsa post accertamento costituisce un istituto di carattere privatistico che regola i rapporti interni fra contribuenti. Ne costituirebbe conferma la natura meramente facoltativa della rivalsa ex art. 60 comma 7 del DPR 633/72, a differenza della rivalsa IVA ordinaria, per sua natura obbligatoria ex art. 18 del DPR 633/72.