Il Consiglio dell’Ue ha adottato la direttiva, spetta ora al legislatore italiano decidere se estenderne l’applicazione dopo il 31 dicembre 2018

Di Mirco GAZZERA e Simonetta LA GRUTTA

Nella giornata di ieri il Consiglio dell’Ue ha adottato, fra l’altro, una direttiva (il cui testo non è stato ancora diffuso al momento in cui si scrive) per prolungare sino al 30 giugno 2022 la possibilità degli Stati membri di applicare il meccanismo del reverse charge al fine di contrastare le frodi IVA.

La direttiva 2006/112/CE prevede la facoltà per gli Stati membri di imporre l’applicazione dell’IVA con il meccanismo del reverse charge negli artt. 199, 199-bis e 199-ter. Tuttavia, mentre per le operazioni indicate nell’art. 199 il meccanismo dell’inversione contabile può essere previsto dagli Stati membri senza limiti di tempo, nel caso delle fattispecie di cui all’art. 199-bis l’applicazione del meccanismo è solo temporanea (si veda “In scadenza il reverse charge per telefoni cellulari e tablet” del 23 ottobre 2018).

Prima della citata proroga al 30 giugno 2022 decisa dal Consiglio dell’Ue, tale misura poteva essere adottata dagli Stati membri sino al 31 dicembre 2018 e per un periodo minimo di due anni. Alla luce dei risultati prodotti nella lotta all’evasione, la Commissione europea aveva suggerito l’estensione del reverse charge sino all’entrata in vigore del regime IVA definitivo, nel quale sarà possibile per gli Stati membri adottare il reverse charge “generalizzato” (si veda il documento COM(2018) 118 final). Il Consiglio dell’Ue sembra avere condiviso, dunque, tale posizione.

Si deve considerare che l’Italia si è avvalsa della facoltà di introdurre temporaneamenteil reverse charge in relazione alle seguenti operazioni di cui all’art. 17 comma 6 lett. b), c), d-bis), d-ter) e d-quater) del DPR 633/72:
– cessioni di telefoni cellulari, c.d. “apparecchiature terminali per il servizio pubblico radiomobile terrestre di comunicazioni soggette alla tassa sulle concessioni governative”;
– cessioni di console da gioco, tablet PC e laptop, nonché di dispositivi a circuito integrato, quali microprocessori e unità centrali di elaborazione, effettuate prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale;
– trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serra definite all’art. 3 della direttiva 2003/87/CE, trasferibili ai sensi dell’art. 12 della medesima direttiva;
– trasferimenti di altre unità che possono essere utilizzate dai gestori per conformarsi alla citata direttiva 2003/87/CE e di certificati relativi al gas e all’energia elettrica;
– cessioni di gas e di energia elettrica a un soggetto passivo-rivenditore ai sensi dell’art. 7-bis comma 3 lett. a) del DPR 633/72.

Alla luce della proroga decisa in ambito Ue, spetta ora al legislatore nazionale valutare se sia opportuno o meno continuare ad avvalersi della facoltà di imporre l’applicazione del reverse charge per le predette operazioni anche dopo il 31 dicembre 2018 – è questo, infatti, il termine attualmente previsto dall’art. 17 comma 8 del DPR 633/72 – e, al più tardi, sino al 30 giugno 2022. Qualora si volesse prorogare l’applicazione del predetto meccanismo, tale misura potrebbe forse confluire nel testo del DL fiscale in corso di conversione ovvero nel disegno di legge di bilancio 2019 attualmente all’esame del Parlamento.

Inoltre, nella giornata di ieri il Consiglio dell’Ue ha prorogato la facoltà di avvalersi del meccanismo di reazione rapida (quick reaction mechanism) prevista dall’art. 199-terdella direttiva 2006/112/CE.