L’interpretazione di “somme dovute dall’assicuratore” non è univoca
Tra le ragioni che rendono il contratto di assicurazione sulla vita uno strumento appetibile per i contraenti c’è l’art. 1923 c.c., che prevede l’impignorabilità e l’insequestrabilità delle “somme dovute dall’assicuratore” al contraente o al beneficiario.
La formulazione della norma può portare a chiedersi quale sia la portata dell’intangibilità e, in particolare, se l’esclusione delle azioni esecutiva e cautelare riguardi le somme versate (premi) che si trovano presso l’assicuratore o anche le medesime somme una volta che siano state riscosse dal beneficiario (che ha esercitato il diritto di riscatto o a cui il capitale è stato liquidato per il verificarsi del sinistro).
Sul punto si è generato un dibattito dottrinale, mentre sono poche le decisioni giurisprudenziali.
Secondo una prima tesi, l’art. 1923 c.c. avrebbe ad oggetto non solo i premi quando sono detenuti dall’assicuratore, ma anche le somme che siano state riscattate o liquidate a seguito del verificarsi dell’evento.
Ne consegue che il capitale è impignorabile anche una volta che sia confluito nel patrimonio del beneficiario. Per i sostenitori di questa interpretazione, la ratio della norma è quella di garantire la funzione previdenziale delle polizze vita, ossia tutelare l’interesse dei soggetti ad essere protetti da conseguenze derivanti da accadimenti della vita umana. Ciò troverebbe completa attuazione sottraendo alle azioni esecutive le somme, sia quando si trovino presso l’assicuratore a seguito del versamento dei premi, sia successivamente all’avvenuta liquidazione.
Secondo una diversa ricostruzione, l’art. 1923 c.c. tutela l’esigenza dell’impresa assicuratricedi proteggere il proprio capitale e le operazioni di raccolta del credito. La protezione dell’interesse dell’assicurato sarebbe, allora, solo indiretta, in quanto l’art. 1923 c.c. evita “le molestie delle procedure esecutive (presso terzi) e la contestabilità della legittimità e validità di pagamenti eseguiti dalla compagnia dell’assicurato, al beneficiario o ai loro aventi causa” (Cass. n. 6548/88).
A sostegno di questa tesi milita anche l’interpretazione letterale della norma, che parla di “somme dovute dall’assicuratore” e non anche di quelle riscosse dal beneficiario. Inoltre, sarebbe concretamente complesso individuare il capitale originariamente liquidato dall’assicurazione una volta che questo sia confluito nel patrimonio del beneficiario. Secondo questa interpretazione della norma, l’impignorabilità e l’insequestrabilità delle somme dovrebbe limitarsi al momento in cui queste si trovino presso l’assicuratore.
Le Sezioni Unite n. 8271/2008, pronunciandosi su una questione non completamente assimilabile, avente ad oggetto la confluenza o meno nell’attivo fallimentare della somma riscattata, hanno espresso un principio che potrebbe utilmente applicarsi anche alla questione qui esaminata.
In particolare, le Sezioni Unite hanno valorizzato la finalità previdenziale della polizza, che è tutelata “in via sia diretta, attraverso la garanzia del credito del singolo assicurato, sia indiretta attraverso la protezione del patrimonio dell’assicuratore, posto così al riparo dal contenzioso dei creditori, i cui costi andrebbero a detrimento degli assicurati per via di innalzamento dei premi”.
Poiché, per la Corte, la rete di protezione, da azioni esecutive o cautelari, che l’art. 1923 c.c. appresta al credito dell’assicurato va intesa estensivamente, se ne potrebbe dedurre che l’impignorabilità operi anche per le somme già entrate nel patrimonio del beneficiario.
Le ragioni dei creditori del contraente possono, in ogni caso, essere tutelate con la revocatoria del contratto di assicurazione, ove ricorrano le condizioni dell’art. 2901 c.c. Infatti, l’assicurazione riduce la garanzia patrimoniale del contraente per l’importo dei premi pagati e può costituire un “atto di disposizione del patrimonio” pregiudizievole per i creditori.
È possibile azionare la revocatoria sia nell’assicurazione a favore proprio, sia in quella a favore di terzi: in entrambi i casi, infatti, il contraente dispone del proprio denaro pagando i premi all’assicuratore. L’azione, però, può essere esercitata soltanto dai creditori del contraente: è quest’ultimo a ridurre la garanzia patrimoniale pagando il premio, mentre non può essere proposta da i creditori del beneficiario nell’assicurazione a favore di terzi. Questo, infatti, non dispone del suo patrimonio che, anzi, potrebbe risultare arricchito da un’assicurazione sulla vita in suo favore.