Spetta ai creditori sociali o al curatore fallimentare provare il nesso causale tra omissioni dei sindaci e danni

Di Maurizio MEOLI

A fronte di errate appostazioni in bilancio – in particolare, valutazioni degli ammortamenti e delle immobilizzazioni operate in violazione dei principi contabili – che precludono la immediata emersione della perdita del capitale sociale, è configurabile la responsabilità dei sindaci/revisori che si limitino a denunciare uno squilibrio della struttura patrimoniale e finanziaria della società e l’esigenza di un risanamento, senza preoccuparsi di assicurare l’adempimento dell’obbligo gestorio di procedere a corrette valutazioni, per di più esprimendo parere favorevole in ordine alla distribuzione di utili solo apparentemente conseguiti. Sono queste le indicazioni che emergono dalla sentenza n. 21662/2018 della Cassazione, già presa in esame su Eutekne.info per ulteriori profili.

La Corte osserva, da un punto di vista generale, come l’attività di controllo in società di capitali coinvolga diversi soggetti, ciascuno in relazione alle proprie funzioni (amministratori non esecutivi e indipendenti, sindaci, revisori, comitato per il controllo interno, organismo di vigilanza di cui al DLgs. 231/2001, dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari nelle società quotate ex art. 154-bis del DLgs. 58/1998, ecc.), con lo scopo di assicurare la massima garanzia circa l’osservanza delle regole di corretta amministrazione. Si precisa, inoltre, come talune conformazioni della struttura societaria comportino doveri di controllo più intensi. Ciò accade, ad esempio, quando ci si trovi in presenza di società a ristretta base familiare ovvero di cooperative soggette ad influenze esterne anche pregiudizievoli per esse.

Focalizzando l’attenzione sulla posizione dei sindaci, poi, i giudici di legittimità ricordano come la loro responsabilità possa essere esclusiva, per violazione di doveri propri (ad esempio, di verità delle attestazioni o di conservazione dei segreti), o concorrente, per omesso controllo su condotte illecite perpetrate dagli amministratori. Tale responsabilità omissiva “concorsuale” del sindaco resta, comunque, una responsabilità per fatto proprio colpevole. Ed, infatti, espunta anche dal diritto civile la responsabilità oggettiva, per fatto altrui o da mera “posizione”, deve sussistere la condotta almeno colposa e il nesso causale col danno, essendo, comunque, responsabilità per fatto e colpa propri.

In tale contesto, il comportamento doveroso dei sindaci non si esaurisce nell’espletamento delle attività specificamente indicate dalla legge, ma comporta l’obbligo di adottare ogni altro atto – seppure non tipizzato – necessario ad assicurare un diligente assolvimento dell’incarico. Nel caso di specie, in particolare, trattandosi di un’ipotesi in cui trovava applicazione la disciplina anteriore alla riforma del diritto societario, la Suprema Corte sottolinea come tali attività non tipizzate avrebbero potuto concretizzarsi nella segnalazione all’assemblea delle irregolarità di gestione riscontrate e, ricorrendo gli estremi delle gravi irregolarità, nella segnalazione al PM, per consentire a quest’ultimo di formulare la richiesta dei provvedimenti previsti in caso di denuncia al Tribunale ex art. 2409 c.c.

Comunque, l’inosservanza del dovere di vigilanza comporta la responsabilità dei sindaci laddove essi non abbiano individuato una rilevante violazione altrui, o non abbiano adeguatamente reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità. In particolare, sussiste il nesso di causalità tra la condotta omissiva dei sindaci ed il danno quando essi non abbiano formulato rilievi critici su poste di bilancio palesemente ingiustificate o non abbiano esercitato poteri sostitutivi che, con ogni probabilità, avrebbero condotto a una più sollecita dichiarazione di fallimento (cfr. Cass. n. 23233/2013).

A fronte di condotte illegittime da parte dell’organo amministrativo, quali quelle già evidenziate, quindi, i sindaci hanno l’obbligo di porre in essere, con tempestività, tutti gli atti necessari e di utilizzare ogni loro potere di sollecitazione e denuncia, interna ed esterna alla società, fino a pretendere dagli amministratori le azioni correttive necessarie, non essendo sufficiente limitarsi ad una blanda ed inefficace critica. In mancanza, finiscono per concorrere nell’illecito commesso dagli amministratori per omesso esercizio dei poteri-doveri di controllo loro attribuiti dalla legge.

Si osserva, infine, come, nei casi in cui risulti compromessa l’integrità del patrimonio sociale e si verifichi l’insufficienza del medesimo a soddisfare i creditori sociali, la responsabilità dei sindaci sussiste ex art. 2394 c.c. In tal caso, il nesso causale tra condotta omissiva e danno va provato dai creditori sociali che agiscono in giudizio ovvero, in caso di fallimento, dal curatore fallimentare che promuove tale azione di responsabilità (extracontrattuale) nell’interesse dei creditori sociali. A tali fini si precisa come l’elemento della colpa dei sindaci possa presentarsi in due accezioni: colpa nella conoscenza, allorché il sindaco non rilevi colposamente la condotta inadempiente dell’organo gestorio; colpa nell’attivazione, se, pur a conoscenza dei fatti, ometta, almeno per colpa, di esercitare prontamente ed efficacemente i suoi poteri impeditivi.