L’agevolazione si applica invece tra le c.d. «sorelle», ossia quei soggetti controllati dalla medesima società

Di Salvatore SANNA

Secondo la normativa interna, qualora una società italiana corrisponda una royalty a un soggetto estero, si applica una ritenuta a titolo di imposta del 30%.
La ritenuta è in ogni caso applicata anche se il soggetto non residente percepisce il provento in regime di impresa (fatto salvo il caso delle stabili organizzazioni, equiparate anche a questi specifici fini ai soggetti residenti).

Tuttavia, tale prelievo può essere ridotto beneficiando delle disposizioni previste nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni internazionali (in genere il prelievo oscilla tra il 5 e il 10%) oppure può risultare del tutto escluso nell’ambito delle royalties intracomunitarie tra società che appartengono al medesimo gruppo.

Con riferimento alle royalties corrisposte tra società del gruppo che sono in possesso dei requisiti previsti dalla direttiva 2003/49/CE – trasposta nell’ordinamento nazionale nell’art. 26-quater del DPR 600/73 – sono escluse dagli obblighi di ritenuta se sono verificate le condizioni indicate nell’art. 26-quater medesimo.
Per poter beneficiare del regime di esonero dalla ritenuta, le società che effettuano pagamenti per royalties devono essere residenti, ai fini fiscali, nel territorio dello Stato e devono essere assoggettate, senza fruire di regimi di esonero, all’imposta sul reddito delle società. Inoltre, tra il soggetto che paga la royalty e il beneficiario residente nell’Unione europea deve esistere un determinato rapporto partecipativo, ossia l’operazione deve avvenire tra consociate.

Un aspetto centrale di tale norma risiede nella definizione di “società consociate”, ovvero nell’individuazione degli elementi che configurano l’esistenza di due soggetti appartenenti allo stesso gruppo, ai fini dell’applicazione del regime di esonero della ritenuta.
A questo scopo, il legislatore – in coerenza con i principi contenuti nella Direttiva comunitaria citata – ha fissato una soglia di partecipazione ai diritti di voto pari al 25%.
Peraltro, su questo punto la Direttiva lasciava agli Stati membri la facoltà di optare tra il criterio della partecipazione a una quota minima di capitale e quello della partecipazione a una quota minima di diritti di voto. Infatti, l’art. 3, lett. b) della Direttiva 2003/49/CE definisce la soglia del 25% in funzione della partecipazione diretta minima al capitale, ma precisa che “gli Stati membri possono sostituire il criterio della partecipazione di una quota minima nel capitale con quello di una quota minima dei diritti di voto”.

In quest’ottica, come previsto dal comma 2 dell’art. 26-quater del DPR 600/73, i soggetti beneficiari degli interessi e dei canoni hanno diritto all’esenzione se:
– la società che effettua il pagamento o la società la cui stabile organizzazione effettua il pagamento detiene direttamente una percentuale non inferiore al 25% dei diritti di voto nella società che riceve il pagamento o nella società la cui stabile organizzazione riceve il medesimo pagamento;
– la società che riceve il pagamento o la società la cui stabile organizzazione riceve il pagamento detiene direttamente una percentuale non inferiore al 25% dei diritti di voto nella società che effettua il pagamento o nella società la cui stabile organizzazione effettua il medesimo pagamento;
– una terza società (che soddisfi i requisiti posti dalla normativa con riferimento, tra l’altro, alla forma legale e allo Stato di residenza) detiene direttamente una percentuale non inferiore al 25% dei diritti di voto sia nella società che effettua il pagamento o nella società la cui stabile organizzazione effettua il pagamento sia nella società che riceve il pagamento o nella società la cui stabile organizzazione riceve il medesimo pagamento.

In linea generale, quindi, i pagamenti effettuati tra società Ue c.d. “sorelle” potrebbero beneficiare dell’esenzione.
Analizzando l’ambito oggettivo individuato dalla norma, si osserva che si richiamano le sole partecipazioni dirette e che la prassi dell’Amministrazione finanziaria è intervenuta proprio su questo punto, fornendo un’interpretazione chiara anche se restrittiva.
In particolare, nella ris. Agenzia delle Entrate 27 maggio 2009 n. 131 è stato chiarito che la condizione essenziale per beneficiare dell’esenzione è rappresentata dal fatto che le partecipazioni siano dirette.

Questo significa che l’esenzione non viene riconosciuta:
– qualora non vi sia alcuna partecipazione diretta ai diritti di voto fra la società che paga la royalty e quella che è beneficiaria della medesima;
– oppure quando non vi è la presenza di una società che detenga direttamente i diritti di voto sia nella società che effettua il pagamento sia in quella che riceve il pagamento.