Per gli altri enti è invece necessaria una valutazione più approfondita

Alla luce del documento di CNDCEC e FNC del 18 aprile 2018, che ha analizzato il “regime transitorio” collegato all’entrata in vigore della riforma del Terzo settore, alcune ulteriori considerazioni possono essere svolte con riferimento alle valutazioni che gli enti dovranno compiere ai fini dell’iscrizione o menonel Registro unico nazionale del Terzo settore (RUNTS).

Una volta appurato il fatto che tutte le modifiche e abrogazioni normative di carattere fiscale entreranno in vigore dal periodo di imposta successivo a quello in cui la Commissione europea rilascerà la propria autorizzazione e, comunque, non prima del periodo d’imposta successivo a quello di operatività del RUNTS (art. 104, comma 2 del DLgs. 117/2017), il documento si è soffermato sull’opportunità di compiere una serie di valutazioni da parte degli enti coinvolti circa il passaggio o meno nel Registro unico nazionale del Terzo settore.

Si parte, necessariamente, dal fatto che il RUNTS è composto da 7 sezioni (art. 46), con le quali sono individuate ben precise tipologie di enti (c.d. “tipizzati”) e una residuale (“altri enti di carattere privato, diversi dalle società”).
Tra gli enti “tipizzati”, le organizzazioni di volontariato (ODV) e le associazioni di promozione sociale (APS) già iscritte nei rispettivi registri (ex L. 266/91 e 383/2000) “migreranno” in maniera automatica verso il RUNTS, tranne il caso in cui l’ente sia carente di qualche requisito e non voglia porvi rimedio (art. 54 del CTS).
Questi enti, quindi, parrebbero avere meno fattori da valutare, considerando che hanno già una buona dotazione su cui poter contare, non ultimo il fatto che sono anche destinatari di uno specifico regime fiscale di favore, recato dall’art. 86 del CTS, che prevede una forfettizzazione del reddito d’impresa pari – rispettivamente – all’1% e al 3% dei proventi commerciali, pur se con un limite massimo di questi stabiliti in 130.000 euro nel periodo d’imposta precedente.

Va comunque considerato il fatto che, per effetto dell’art. 35 del CTS, le APS godranno di una notevole decommercializzazione soltanto se l’attività realizzata verso gli associati sia svolta avvalendosi in maniera prevalente dell’opera di volontariato dei propri associati.
Ad avviso di chi scrive, c’è infatti il rischio che, se si utilizzerà personale esterno per realizzare attività specifiche a fronte delle quali si percepiranno corrispettivi specifici da parte degli associati che vi parteciperanno, tali corrispettivi, in questo caso, non potranno godere della decommercializzazione, così come invece è disposta dall’art. 85, comma 1 del CTS. Di conseguenza, tali enti dovranno valutare – nel passaggio al RUNTS – la necessità di strutturarsi in maniera adeguata per poter godere della predetta agevolazione.
Quanto sopra vale anche per le ODV, per effetto del combinato disposto degli artt. 34 e 84 del CTS.

Di certo, a parte i casi delle ODV e APS, la generalità degli attuali enti non commerciali e futuri enti del Terzo settore dovrà compiere un’attenta analisi di tipo giuridico/economico/fiscale, ossia un esame di plurimi fattori che, combinati tra loro, possano offrire un ventaglio di possibilità per operare la migliore scelta sulla tipologia di ente in cui costituirsi o continuare (o anche trasformarsi) per la successiva iscrizione in una delle sette sezioni del RUNTS.

Gli enti già esistenti, provenendo da storie pluriennali, avranno necessità di compiere un’analisi siarestrospettiva che in proiezione verso il futuro, magari all’interno di cornici stabilite da limiti di proventi (vedi le APS) o l’assenza di tetti massimi, come nella differenza che si coglie tra l’attuale art. 145 del TUIR e l’art. 80 del CTS, privo di limite massimo di proventi per la forfettizzazione del reddito d’impresa.
Anche l’utilizzo di beni pubblici (mobili o immobili) potrà fare la differenza, visto che gli enti pubblici territoriali, nelle loro attività, saranno chiamati a dare priorità agli enti del Terzo settore (e, tra questi, prima a quelli di carattere non commerciale), con esclusione di quelli che per legge o per scelta non saranno iscritti nel RUNTS (art. 70 CTS).

Vi è, poi, il caso delle ONLUS, le quali, per effetto dell’abrogazione degli artt. 1029 del DLgs. 460/97 e art. 150del TUIR, perderanno tale qualifica fiscale. Tali soggetti, come evidenziato dal documento FNC, se non si iscriveranno al RUNTS avranno l’obbligo di devoluzione del patrimonio sociale in quanto si verificherà una causa di scioglimento dell’ente; tale fattispecie non si verifica soltanto in caso di iscrizione al RUNTS (art. 101 comma 8 del CTS).
In tal caso, la ex ONLUS dovrà decidere soltanto la natura giuridica con cui iscriversi, anche eventualmente sotto forma di impresa sociale. La decisione, in tale ultimo caso, dipenderà dal fatto se la ONLUS potrà qualificarsi come ente del Terzo settore commerciale o non commerciale.