Negli ultimi anni, la giurisprudenza tributaria è andata nel senso di ampliare le ipotesi in cui è ammesso l’intervento del terzo nel processo tributario, ai sensi dell’art. 14 del DLgs. 546/92.

Infatti, l’intervento è stato reso possibile non solo per i soggetti che possono essere direttamente incisi dall’obbligazione tributaria, come potrebbe essere il soggetto i cui diritti possono essere lesi dall’atto impositivo, stante la sua responsabilità solidale (si pensi al socio di società di persone, in relazione all’accertamento IMU o imposta di registro notificato alla società).
La facoltà di intervento spetta anche a soggetti che vantano un interesse qualificato relativo al processo, come potrebbe essere la Regione in merito all’accertamento IRAP emesso dall’Agenzia delle Entrate (Cass. 11 settembre 2013 n. 20803), oppure il consumatore finale riguardo all’accertamento della maggior accisa, visto che tale imposta verrà a questi addebitata in rivalsa (Cass. 19 aprile 2013 n. 9567).

Ci si potrebbe a questo punto domandare se, al di fuori delle ipotesi di litisconsorzio necessario, in cui bisognerebbe effettuare diverse valutazioni, il terzo interveniente in primo grado possa appellare la sentenza.
È pacifico che, come affermato nella risalente circolare ministeriale n. 98 del 1996, “chiamati ed interventori possono esclusivamente offrire al giudice elementi nuovi connessi ai motivi di impugnazione già proposti, mentre non hanno possibilità di dedurre, ampliando il thema decidendum, motivi d’impugnazione loro propri”.
Si tratta infatti di intervento adesivo, ove il terzo argomenta in modo ulteriore, magari richiamando orientamenti giurisprudenziali diversi, i motivi di ricorso del ricorrente, o le tesi sostenute nelle controdeduzioni per difendere il recupero a tassazione.

Il processo tributario rimane un processo di impugnazione anche in appello, nonostante l’oggetto di esso sia la sentenza e non più l’atto impositivo.
Dunque, si potrebbe sostenere che il terzo non abbia legittimazione ad appellare in via principale o incidentale la sentenza.

Sul tema non constano interventi specifici della giurisprudenza.
Tuttavia, è stato ammesso l’intervento in appello del terzo, quand’anche non abbia partecipato al primo grado di giudizio (Cass. 12 gennaio 2012 n. 255).

Mancano pronunce specifiche

Inoltre, alcuna giurisprudenza ha attribuito particolare valenza all’intervento del terzo nella fase di gravame, nel senso che qualora il terzo sia intervenuto in primo grado, si è ritenuto presente un litisconsorzio processuale in appello, con la conseguenza che, se l’appello non è stato a questi notificato, opera l’art. 331 c.p.c. (Cass. 30 gennaio 2004 n. 1789, Cass. 15 giugno 2010 n. 14423).

Pertanto, se l’appello, in violazione dell’art. 53 del DLgs. 546/92, non è stato notificato anche al terzo, il giudice dispone l’integrazione del contraddittorio a pena di inammissibilità, e se l’ordine non viene eseguito passa in giudicato la sentenza di primo grado.
In ragione di ciò, non si può escludere che, in futuro, al terzo venga consentito di appellare, in via principale o incidentale, la sentenza.