Per il riporto la «catena» delle dichiarazioni può essere interrotta

L’omissione della dichiarazione non osta al riporto a nuovo delle perdite fiscali, in quanto l’art. 84 del TUIR non impone una serie ininterrotta di dichiarazioni al fine di riportare le perdite.

Tale principio, assolutamente coerente con le modifiche del DL 193/2016 (che consentono la difesa in sede contenziosa in presenza di qualsiasi errore od omissione dichiarativa), è stato affermato nella sentenza n. 4476/1/17 del 30 giugno 2017 dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, che così ritorna sul tema controverso della prevalenza della “sostanza sulla forma”, ponendosi nel solco interpretativo recentemente avanzato anche dalla giurisprudenza di legittimità in tema di emendabilità della dichiarazione fiscale e di riconoscimento del credito derivante da dichiarazione omessa (Cass. 30 giugno 2016 n. 13378, per i redditi e Cass. 8 settembre 2016 nn. 17757 e 17758, per l’IVA).

Nel caso di specie, a seguito di una liquidazione automatica della dichiarazione (art. 36-bis del DPR 600/73), l’Amministrazione disconosceva alcune perdite fiscali riportate da annualità pregresse e impiegate in diminuzione dei redditi del contribuente, con la motivazione che l’omessa presentazione di una dichiarazione, anche se relativa a un periodo d’imposta diverso da quello in cui è maturata la perdita, comprometterebbe l’intera serie “a catena” delle successive dichiarazioni.
Secondo la C.T. Prov. di Milano, salva l’applicazione delle sanzioni (per l’omissione dichiarativa), la circostanza che il contribuente non abbia presentato – lungo il corso dei vari periodi d’imposta – una dichiarazione annuale non compromette l’esistenza, né la riportabilità, delle perdite maturate negli esercizi successivi.

L’intervento è meritevole di un positivo riscontro, perché si inserisce a pieno titolo nel filone, sempre più consolidato, che non rende inderogabile la forma (la presentazione della dichiarazione), guardando più alla “sostanza”, che nella specie è rappresentata dall’esistenza di perdite già documentate nelle precedenti dichiarazioni e nemmeno contestate dalla parte pubblica.

Una considerazione va compiuta circa i mezzi con cui opera l’Amministrazione per disconoscere le perdite riportate da esercizi precedenti, nell’ipotesi in cui sia stata omessa la dichiarazione.
Dalla sentenza emerge l’utilizzo della liquidazione automatica della dichiarazione e, su questo profilo, appare doveroso precisare che l’errore non pare rilevabile ictu oculi dall’esame della dichiarazione e, quindi, tale da prescindere da un’attività istruttoria dell’Amministrazione.

Principio coerente con le Sezioni Unite

Si renderebbe necessaria, piuttosto, un’indagine interpretativa della documentazione allegata. A tal fine, sarebbe necessario un atto d’accertamento motivato, idoneo a rendere edotto il contribuente del processo logico giuridico seguito dall’Amministrazione nella diversa determinazione dell’imponibile e a metterlo in condizione di potersi adeguatamente difendere, innanzitutto, in sede procedimentale e, solo dopo, in sede processuale.

Per prassi ormai consolidata, invece, che trova riconoscimento anche nella recente giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le altre, Cass. 20 gennaio 2017 n. 1471), gli Uffici, se dall’Anagrafe tributaria risulta l’omessa presentazione della dichiarazione, procedono immediatamente alla correzione dell’errore materiale del riporto della perdita nella successiva dichiarazione, avvalendosi indebitamente della procedura di liquidazione della dichiarazione.