Andranno indagati ulteriori elementi che potrebbero indicare un’influenza economica tra le entità coinvolte

Il decreto in materia di prezzi di trasferimento (ai fini dell’applicazione di quanto contenuto nell’art. 110comma 7 del TUIR) in fase di consultazione pubblica fino al 21 marzo 2018, porta con sé alcuni chiarimenti su aspetti che sono già stati affrontati a livello di prassi e giurisprudenza, ma che non avevano ancora una veste normativa definita.

Un primo aspetto è quello legato alla definizione di controllo che il decreto chiarisce all’art. 2, in cui per “partecipazione nella gestione, nel controllo o nel capitale” si intende la partecipazione diretta o indiretta – per oltre il 50% – nel capitale di un’altra impresa oppure l’influenza dominante che un soggetto (impresa o persone fisica) può avere sulle decisioni commerciali o finanziarie di un’altra impresa.

Assonime, nella circolare n. 17/2017 (§ 2.2.1), ha richiamato la nozione di controllo ai fini della disciplina sui prezzi di trasferimento sancita dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 8130 del 22 aprile 2016. I giudici, considerando troppo limitativa la nozione civilistica contenuta nell’art. 2359 c.c. hanno richiamato il concetto di “influenza economica potenziale o attuale” già presente nella risalente circolare n. 32 del 22 settembre 1980 (§ 4). Tali principi sono stati peraltro richiamati nella C.T. Prov. Milano n. 2826 dell’11 aprile 2017 e nella Cass. n. 27018 del 15 novembre 2017.
In sintesi, con riferimento alla definizione di controllo ai fini dell’art. 110 comma 7 del TUIR, il decreto si pone in linea con principi giurisprudenziali già definiti e quindi, nell’analisi dell’eventuale applicazione della disciplina dei prezzi di trasferimento all’interno di transazioni infragruppo, non ci si dovrà fermare al dato formale (partecipazione al capitale sociale), ma si dovranno indagare ulteriori elementi che potrebbero indicare un’influenza economica tra le entità coinvolte.

Un ulteriore aspetto, definito all’art. 4 comma 6 del decreto in consultazione, è quello del riconoscimento del metodo scelto dal contribuente per l’analisi legata ai prezzi di trasferimento da parte dell’Amministrazione finanziaria. In particolare viene stabilito che “qualora un’impresa abbia utilizzato un metodo che rispetta le disposizioni dei commi da 1 a 5 per valorizzare un’operazione controllata in base al principio di libera concorrenza, la verifica, se le condizioni delle operazioni controllate sono coerenti con il principio di libera concorrenza, si deve basare, da parte dell’amministrazione finanziaria, sul metodo applicato dall’impresa”.
Pertanto, la condizione da soddisfare affinché l’Amministrazione debba attenersi all’analisi di transfer pricing condotta dal contribuente è che lo stesso abbia rispettato – nella selezione del metodo di analisi – i principi comunitari (§ 2.1 e seguenti delle Linee Guida OCSE in materia di prezzi di trasferimento, versione 2017) legati alla selezione del metodo più appropriato alle circostanze del caso.

All’atto pratico tale previsione dovrebbe tradursi nella necessità, all’interno della documentazione relativa ai prezzi di trasferimento, di:
– analizzare la possibile applicazione dei metodi di transfer pricing seguendo il percorso di cui all’art. 4 comma 3 motivando in modo dettagliato l’eventuale esclusione di metodi considerati “preferenziali” fino ad arrivare alla definizione del metodo scelto per l’analisi delle transazioni infragruppo;
– verificare se il metodo selezionato è in linea con i criteri contenuti nel comma 1 dell’art. 4. Si fa riferimento, in particolare, all’adeguatezza del metodo in considerazione delle caratteristiche dell’operazione e alla disponibilità di informazioni affidabili in relazione a operazioni poste in essere tra soggetti indipendenti.

Meno spazio per disconoscere il metodo scelto

Nel caso in cui la predetta analisi venisse fatta correttamente, sembrerebbe esserci sempre meno spazio per la possibilità di disconoscere il metodo proposto dal contribuente. Conseguentemente, l’oggetto del contraddittorio con l’Ufficio si dovrà incentrare su ulteriori elementi tra cui: il mercato rilevante, il soggetto oggetto di analisi (tested party), l’indicatore di profittabilità prescelto e le analisi di benchmark prodotte.

Va peraltro considerato che, a prescindere da quanto previsto dal § 2.12 delle Linee Guida OCSE e riportato nel comma 4 dello stesso art. 4 del decreto (“Non è necessario applicare più di un metodo per valorizzare un’operazione controllata in base al principio di libera concorrenza”), potrebbe essere utile a livello operativo verificare la congruità dei prezzi praticati a livello di gruppo anche mediante un metodo dicontrollo da far valere in un’eventuale fase di contraddittorio.
Quanto descritto in merito alla selezione del metodo da adottare nell’analisi dei prezzi di trasferimento era una prassi che veniva già sostanzialmente applicata dagli Uffici, ma quanto riportato nel decreto permette di evidenziare un approccio ancora più stringente e definito su questo tema, che potrebbe facilitare i prossimi contraddittori che verranno instaurati con l’Amministrazione finanziaria.