La conferma arriva dall’Agenzia delle Entrate, che ritiene insussistenti i presupposti per la sanzione da dichiarazione inesatta

Di Alfio CISSELLO

 

Ieri, nel corso del Videoforum organizzato da ItaliaOggi, l’Agenzia delle Entrate ha risolto in senso favorevole al contribuente una questione che, sebbene possa essere economicamente di poco spessore, interessa una vasta gamma di contribuenti e professionisti.

Vero è che, nel momento in cui ci si accinge a presentare la dichiarazione integrativa in occasione del ravvedimento operoso, occorre corrispondere, oltre a imposte e interessi legali, pure le sanzioni ridotte, che, per citare le ipotesi più frequenti, possono essere quelle da dichiarazione infedele o da ritardato versamento.
Tuttavia, se la dichiarazione integrativa è a favore del contribuente, spesso alcuni si chiedevano se fosse necessario pagare, in occasione della stessa, la sanzione da 250 euro ridotta, da dichiarazione inesatta ex art. 8 del DLgs. 471/97.

Allora, se l’integrativa veniva presentata entro il termine di quella per l’anno successivo, si riteneva si dovessero pagare 31,25 euro (250/8), operando la lettera b) dell’art. 13 del DLgs. 472/97. Ciò, si badi bene, nonostante il contribuente non stesse, tecnicamente, effettuando nessun ravvedimento, trattandosi di integrativa a favore.
Pensiamo al contribuente che ha pagato più imposte in ragione di una eccessiva dichiarazione di ricavi (eccezion fatta per la violazione dei criteri di cassa e di competenza, che necessitano di ragionamenti a parte), o di una minore deduzione di costi, sempre che, naturalmente, sussistano i requisiti per la deduzione.

Si poteva ritenere, mediante un’interpretazione a nostro avviso sbagliata, che ciò integrasse una fattispecie in cui la dichiarazione originaria presentasse dati errati idonei a incidere sui controlli.
Nella risposta n. 9, resa nel Videoforum di ieri, l’Agenzia delle Entrate espressamente afferma: “si conferma che la presentazione della dichiarazione integrativa a favore del contribuente non è soggetta ad alcuna sanzione”.
Dunque, non può essere sostenuta la tesi descritta, in base alla quale non sarebbe indicato in dichiarazione “in maniera esatta ogni altro elemento prescritto per il compimento dei controlli”.

Caso classico della mancata dichiarazione di costi

Intuitivamente, dimenticando per un attimo ogni tecnicismo, questa è anche la soluzione più logica: il contribuente ha commesso un errore che è andato a suo danno perché ha pagato più imposte, dunque sarebbe irrazionale che, nel momento in cui si presenta l’integrativa, da un lato, il credito possa essere compensato alle condizioni dell’art. 2 comma 8-bis del DPR 322/98, e, dall’altro, sia necessario pagare la sanzione per dichiarazione inesatta.

Così, la dichiarazione inesatta resta circoscritta a fattispecie che, nel contempo, integrano vere e proprie irregolarità ma non di entità tale da comportare un’evasione di imposta (eventualità in cui ci sarebbe la più grave sanzione proporzionale da dichiarazione infedele).
Pensiamo, per fare alcuni esempi, alla dichiarazione da cui emerge una minore perdita o, come specificato nella circolare Agenzia delle Entrate 7 aprile 2017 n. 8, § 15.1, alla dichiarazione da cui emerge un maggior credito d’imposta non utilizzato in compensazione, esterna o interna.