Di REDAZIONE Eutekne

La Cassazione, nella sentenza n. 232/2018, ha precisato che, in caso di scissione, la configurabilità del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11 del DLgs. 74/2000) non può essere esclusa, in via generalizzata e astratta, sulla base di quanto prevede l’art. 2506-quater c.c., essendo, invece, richiesto al giudice penale di analizzare le concrete modalità con le quali la scissione è operata e di verificare gli eventuali effetti di pericolo per la riscossione delle imposte dovute dalla società che si scinde.

Integra la fattispecie in questione, in particolare, la messa in atto, da parte degli amministratori, di più operazioni di cessione di aziende e di scissione societarie simulate e finalizzate a conferire a nuovi soggetti societari immobili; ciò dal momento che nell’art. 11 del DLgs. 74/2000 rientra qualsiasi stratagemma artificioso del contribuente tendente a sottrarre, in tutto o in parte, le garanzie patrimoniali alla riscossione coattiva del debito tributario.

Ad ogni modo, anche una sola operazione di scissione societaria può essere idonea – se valutata in relazione non soltanto al momento in cui l’atto di scissione è posto in essere, ma anche in relazione alle vicende successive alla scissione – a costituire quell’atto negoziale fraudolento e/o simulato rilevante.
Il delitto in questione, infatti, è reato di pericolo integrato dall’uso di atti simulati o fraudolenti tesi a occultare i propri o altrui beni a condizione che siano idonei – sulla base di un giudizio ex ante – a pregiudicare l’attività recuperatoria dell’Amministrazione finanziaria.

Ne consegue che il momento consumativo del reato è da individuare nel primo momento di realizzazione della condotta finalizzata a eludere le pretese del Fisco.