Da precisare l’arco temporale annuale da considerare per il superamento o meno della soglia

Di Maurizio MEOLI

Sul criterio di calcolo della soglia di punibilità di 10.000 euro annui, inserita nella fattispecie di omesso versamento di ritenute previdenziali (art. 2 comma 1-bis del DL 463/1983) dall’art. 3 comma 6 del DLgs. 8/2016, sono chiamate in causa le Sezioni Unite della Suprema Corte.

Il Primo Presidente della Cassazione, in seguito al deposito, il 10 novembre scorso, da parte dell’INPS, di una nota sul tema, ha ritenuto sussistenti i presupposti per l’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite (con ordinanza dell’11 dicembre). Ed, infatti, pur in assenza di un contrasto giurisprudenziale in atto, quanto meno in seno alla giurisprudenza di legittimità, un intervento della più autorevole composizione della Suprema Corte è ritenuto opportuno in ragione della particolare delicatezza della questione prospettata.

Si ricorda che sul calcolo della soglia di punibilità della fattispecie di omesso versamento di ritenute previdenziali è emersa una differente impostazione tra l’INPS (e il Ministero del Lavoro), da un lato, e la Cassazione, dall’altro. Quest’ultima, nelle sentenze nn. 39882/201739464/2017 e 649/2017, ha precisato che il DLgs. 8/2016 non si è limitato a introdurre un limite di non punibilità delle condotte – lasciando inalterato, per il resto, l’assetto del precedente reato che non prevedeva limiti – ma ha configurato il superamento della soglia, strettamente collegata al periodo temporale dell’anno, quale vero e proprio elemento caratterizzante il disvalore di offensività, che viene a segnare, tra l’altro, il momento consumativo del reato.

Il reato deve ritenersi già “perfezionato” nel momento e nel mese in cui l’importo non versato, calcolato a decorrere “dalla mensilità di gennaio” dell’anno considerato, superi l’importo di 10.000 euro senza che le ulteriori omissioni che seguano nei mesi successivi dello stesso anno, sino al mese finale di “dicembre”, possano “aprire” un nuovo periodo e dare luogo, in caso di secondo superamento, a un ulteriore reato, limitandosi ad accentuare la lesione inferta al bene giuridico per effetto del già verificatosi superamento dell’importo di legge. Vale a dire che le ulteriori omissioni, da un lato, non possono considerarsi un mero post factum penalmente irrilevante, ma, dall’altro, approfondendo il disvalore già emerso, non possono segnare, a ogni successiva mensilità non versata, un ulteriore “autonomo” momento di disvalore.

La nuova fattispecie, quindi, è caratterizzata da una progressione criminosa nel cui ambito, una volta superato il limite di legge, le ulteriori omissioni relative al medesimo anno si atteggiano a momenti esecutivi di un reato unitario a consumazione prolungata, la cui definitiva cessazione viene a coincidere con la scadenza prevista dalla legge per il versamento dell’ultima mensilità dell’anno (dicembre) ovvero con il termine del 16 del mese di gennaio dell’anno successivo.

La pronuncia della Cassazione n. 22140/2017 ha ulteriormente precisato che, per accertare il superamento della soglia di punibilità, il periodo di un anno è da intendersi come quello nel quale il debito sia sorto, secondo un principio di competenza e non di cassa. Per poter apprezzare la rilevanza della condotta (ai fini del superamento della suddetta soglia di rilevanza penale), infatti, occorre fare riferimento all’entità complessiva delle omissioni, tenendo conto del momento in cui le relative obbligazioni poi rimaste inadempiute sono sorte; e, dunque, avere riguardo al mese di riferimento in cui è sorto il debito, giacché è in relazione a ciascun mese di ogni anno che va verificato l’ammontare delle ritenute non versate, a prescindere dal termine di scadenza per il versamento, che rileva solo ai fini della individuazione del momento consumativo del reato.

L’INPS, invece, nella circolare n. 121/2016, conformemente a quanto precisato dal Ministero del Lavoro nella nota n. 9099/2016, ragionando “per cassa”, ha sostenuto che i versamenti che concorrono a determinare la soglia di 10.000 euro annui sono quelli relativi al mese di dicembre dell’anno precedente all’annualità considerata (da versare entro il 16 gennaio) fino a quelli relativi al mese di novembre dell’annualità considerata (da versare entro il 16 dicembre).

A fronte di ciò, dopo che la Direzione centrale vigilanza, affari legali e contenzioso dell’Ispettorato nazionale del lavoro (istituito dal DLgs. 149/2015 al fine di integrare in un’unica struttura le attività ispettive di Ministero, INPS e INAIL), con la nota n. 8376/2017, si era uniformata alle posizioni della Cassazione, con la nota depositata il 10 novembre scorso presso la Terza sezione penale, l’Istituto sottolinea l’opportunità di una pronuncia delle Sezioni Unite, dal momento che l’adesione all’impostazione della Suprema Corte imporrebbe di riesaminare migliaia di fascicoli al fine di riscontrare la sussistenza dell’illecito amministrativo o di quello penale.

Inoltre, si dovrebbero commissionare le necessarie modifiche ai programmi informatici e riesaminare tutte le contestazioni di illecito amministrativo già notificate e, ove necessario, revocarle. L’opportunità, come evidenziato, è stata recepita dal Primo Presidente della Cassazione, che ha rimesso la questione alle Sezioni Unite (udienza del 18 gennaio 2018).