Già per il 2017 potrebbero esserci nuovi limiti alla deduzione degli interessi passivi

Di Grazia CARBONE

L’acconto previsionale IRES delle holding industriali deve tener conto della nuova disposizione relativa alla deducibilità degli interessi passivi contenuta nel disegno di legge di bilancio per il 2018, attualmente in corso di esame parlamentare.
Nel dettaglio, è proposta l’abrogazione dell’ultimo periodo del comma 2 dell’art. 96 del TUIR, che, nell’attuale formulazione, prevede la possibilità di incrementare il risultato operativo lordo (ROL) dell’importo dei dividendi incassati provenienti da società controllate non residenti. Tale modifica avrebbe efficacia, in deroga allo Statuto del contribuente, a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016, quindi già dal 2017 per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare.

L’effetto sarebbe una penalizzazione retroattiva per le holding industriali con partecipate estere che avranno, quindi, a disposizione un minor plafond disponibile per la deduzione degli interessi passivi già per l’anno in corso. In aggiunta, la retrodatazione dell’abrogazione in commento comporterebbe l’insufficiente versamento dell’acconto IRES 2017, nell’ipotesi in cui i soggetti interessati lo determinassero adottando il metodo previsionale e non tenessero conto della prevista modifica normativa.

A titolo esemplificativo, si consideri il caso di una holding industriale che, nel corso del 2017, ha conseguito un rilevante incasso di dividendi da parte di controllate estere; sulla base della norma attualmente in vigore, detti dividendi concorrono alla determinazione del ROL disponibile per dedurre, in proprio o nell’ambito del consolidato fiscale, interessi passivi. Proprio in virtù di tale maggiore deduzione, la holding potrebbe decidere di determinare l’acconto IRES avvalendosi del metodo previsionale, essendo quest’ultimo di importo minore rispetto a quanto dovuto su base storica.
Tale società si troverebbe, a posteriori e sulla base di una legge che entrerà in vigore il 1° gennaio 2018, ad aver versato un acconto insufficiente sebbene, sulla base delle disposizioni in vigore al momento del pagamento, il suo comportamento fosse del tutto legittimo.

In tal senso sarebbe, pertanto, auspicabile che la legge di bilancio 2018, quand’anche confermasse l’abrogazione della disposizione in parola e la retroattività della stessa, introducesse almeno una clausola di salvaguardia relativamente agli eventuali minori acconti versati nel 2017 dalle società interessate.

In ogni caso, la modifica proposta desta ulteriore perplessità, se si pensa alla ratiosottostante all’introduzione della disposizione che ora si intende abolire. Si ricorda, infatti, come, ai sensi dell’art. 96 del TUIR, gli interessi passivi, per la parte che eccede gli interessi attivi, possano essere dedotti fino a concorrenza del 30% del ROL della gestione caratteristica, con possibilità di riporto in avanti delle eventuali eccedenze di interessi passivi non dedotte o di ROL non utilizzato.
Nell’ipotesi di opzione per il consolidato domestico, è possibile compensare le eccedenze di interessi passivi con le eccedenze di ROL dei soggetti aderenti alla tassazione di gruppo.

Nella sua versione originaria (post riforma del 2008), inoltre, la norma in commento consentiva di includere “virtualmente” nel consolidato nazionale – ai soli fini della deducibilità degli interessi passivi – i risultati operativi delle partecipate estere, in presenza di determinati requisiti, proprio al fine di evitare una discriminazione delle holding industriali con partecipazioni di controllo in società estere – che non potevano optare per il consolidato fiscale – rispetto a quelle che controllavano solo società italiane.

Per effetto del decreto internazionalizzazione (DLgs. 147/2015), tale possibilità era stata eliminata mediante l’espressa abrogazione del comma 8 dell’art. 96 ma, nel contempo, al fine di “salvaguardare” le società italiane con partecipate estere, era stata introdotta la previsione in commento, che consentiva di tenere conto, ai fini del calcolo del ROL, anche dei dividendi incassati relativi a controllate non residenti.

Con il Ddl. di bilancio 2018, invece, il legislatore di fatto sta eliminando tale possibilità e, quindi, le holding italiane con partecipate estere avranno minori possibilità di dedurre interessi passivi rispetto a quelle che controllano imprese italiane e che potranno utilizzare il ROL delle controllate nel consolidato fiscale.

D’altra parte, è pur vero che, stando alla relazione illustrativa del Ddl. di bilancio 2018, la modifica normativa proposta è diretta conseguenza dell’obbligo di allineamento ai principi desumibili dall’art. 4 della Direttiva 2016/1164/UE. Tale direttiva, avente finalità antielusiva, infatti, è volta a limitare la deducibilità degli interessi passivi e a contrastare lo spostamento dei profitti attraverso operazioni di indebitamento inter-company; in tal senso ha quindi imposto agli Stati membri di dotarsi, entro il 31 dicembre 2018, di una normativa che limiti la deducibilità degli interessi passivi ad un importo non superiore al 30% dell’EBITDA, intendendo espressamente per tale il mero ROL senza, quindi, aggiunta dei dividendi incassati.