Dal 2000 ad oggi le comunicazioni sono aumentate quasi del 300%. Circa la metà dei dati arriva dai commercialisti

Di Savino GALLO

La continua introduzione di  nuovi adempimenti da parte dell’Amministrazione finanziaria ha prodotto, negli ultimi anni, un “vero e proprio boom” di invii telematici a carico di contribuenti e intermediari, generando “problematiche e criticità sempre più difficili da gestire”.
La denuncia arriva da Massimo Miani, Presidente del CNDCEC, che ieri, in audizione presso la Commissione parlamentare di vigilanza sull’Anagrafe tributaria, ha reso, in numeri, l’idea del costante aggravio degli oneri comunicativi.

Nei primi nove mesi del 2017, sono stati inviati telematicamente 156,4 milioni di documenti tramite i canali Entratel e Fisconline. Se tale trend dovesse essere confermato per tutto l’anno, si arriverà a fine dicembre a sfondare il muro dei 200 milioni (204,6), con un incremento del 15,44% rispetto al 2016 e del 100% sul 2014.

L’aumento del numero di documenti inviati, peraltro, è ormai una costante sin dai primi anni di introduzione del Fisco telematico.
Basti pensare che, nel 2000, tra dichiarazioni, modelli di versamento o di registrazione dei contratti di locazione e altre comunicazioni, ci si era fermati a 45,6 milioni di documenti inviati. Nel 2016, lo stesso dato era pari a 177 milioni, ovvero il 288,57% in più. Una percentuale che salirebbe ulteriormente se si considerassero anche i documenti inviati attraverso il sistema di interscambio (fatture elettroniche e liquidazioni periodiche IVA, per un totale di oltre 40 milioni), che invece sono stati esclusi dal conteggio.

“In tale contesto – ha spiegato Miani –, i commercialisti hanno certamente rivestito un ruolo di primo piano, se si considera che nel 2016 circa il 43% dei 177,2 milioni di documenti, ossia 76,1 milioni, sono stati trasmessi da commercialisti o da associazioni o società di servizi contabili costituite dagli stessi”. Una percentuale cresciuta nel corso degli anni, dato che, nel 2000, arrivava dai rappresentanti di categoria il 30% del totale dei documenti, numero “in ogni caso sufficiente per posizionare la nostra professione di gran lunga al primo posto della classifica degli intermediari abilitati”.

Abbastanza per testimoniare che i commercialisti hanno “responsabilmente accolto” la sfida della digitalizzazione, che ha prodotto un risparmio di spesa per l’amministrazione pubblica (tra il 2007 e il 2011 meno 50,3%, la riduzione “più significativa tra i Paesi OCSE”), con costi “in gran parte traslati” sulle spalle degli stessi intermediari abilitati.

L’aumento esponenziale dei documenti inviati ha portato a un’Anagrafe tributaria “sovradimensionata rispetto all’effettiva capacità dell’Agenzia delle Entrate di utilizzare proficuamente i dati in suo possesso”. A riprova di ciò, il fatto, denunciato anche dalla Corte dei Conti, che a distanza di cinque anni dall’introduzione dell’obbligo, in capo alle stesse Entrate, di creare delle liste selettive dei soggetti a maggior rischio di evasione, “non si è ancora fatto nulla in tal senso”.

Più che proseguire sulla strada di nuovi obblighi comunicativi sempre più analitici e dettagliati, dunque, bisognerebbe “concentrarsi sui dati già presenti, che sono già di per sé molto utili per l’individuazione dei soggetti a maggior rischio di evasione, sempre che evidentemente siano utilizzati nel modo più efficace e opportuno”.
È su tale aspetto, ha aggiunto il numero uno dei commercialisti, che andrebbe fatta una “seria riflessione”, che dovrebbe necessariamente condurre a rivedere l’attuale schema degli obblighi comunicativi. Lo spesometro, innanzitutto, dovrebbe tornare ad avere “periodicità annuale” e “forma semplificata”, con la “facoltà di aggregare i dati per singolo cliente/fornitore ed escludendo le operazioni attive per importo unitario inferiore ai 3 mila euro, IVA esclusa, lasciando infine la possibilità di utilizzare il servizio telematico Entratel per le trasmissioni”.

Quanto, invece, alla fatturazione elettronica, l’estensione di tale obbligo ai privati “dovrebbe essere preceduta da un congruo periodo di sperimentazione, in cui poter collaudare le procedure e permettere ai soggetti interessati di dotarsi degli strumenti necessari”.

Approccio premiale da confermare per il futuro

Il CNDCEC, in ogni caso, rimane favorevole all’approccio premiale che almeno inizialmente aveva scelto il legislatore, prevedendo la riduzione di adempimenti e controlli in favore dei soggetti che avessero scelto di passare alla fatturazione elettronica. “Un approccio condivisibile – ha sottolineato Miani –, che andrebbe confermato anche per il futuro”.
Così come andrà “garantito” il carattere premiale nell’applicazione dei nuovi indicisintetici di affidabilità fiscale. Per questo, i commercialisti propongono di affidare a un decreto del MEF, da emanare entro il 31 gennaio di ogni anno, l’individuazione dei livelli di affidabilità fiscale e della collegata graduazione dei benefici premiali.