Imprese e professionisti chiedono di snellire il sistema tributario. Dal Dipartimento delle Finanze apertura sull’esterometro semestrale

Di Savino GALLO

Semplificazione normativa, razionalizzazione degli adempimenti e rapporto più equilibrato tra Fisco e contribuenti. Su queste tre direttrici si muove il documento contenente le proposte di semplificazione fiscale elaborate da Confindustria e Consiglio nazionale dei commercialisti e presentato ieri a Roma.

Cinquanta proposte che abbracciano cinque macro-aree (IVA e imposte dirette; IRES e reddito d’impresa; IRPEF e sostituti d’imposta; tributi locali e disciplina catastale; accertamento, contenzioso e riscossione), alcune a costo zero altre onerose per lo Stato, ma tutte necessarie, ha spiegato nel suo intervento di apertura il Presidente del CNDCEC, Massimo Miani, se si vuole fare sì che l’Italia esca dalla “zona retrocessione” della classifica paying taxes (ossia la facilità di pagare le imposte), dove si colloca al 118° posto, “in discesa rispetto al 112° dello scorso anno”.

Anche il rapporto Doing business 2019, stilato dalla Banca mondiale, non sembra essere più clemente con il nostro Paese: “Su 190 Paesi monitorati – ha sottolineato Miani – l’Italia è al 51° posto tra i Paesi dove è più facile fare business, perdendo cinque posizioni solo nell’ultimo anno”. E allora serve un “cambio di passo” sulle semplificazioni, “tema su cui il Consiglio nazionale insiste da tempo ma che rimane ancora oggi un cantiere aperto, qualcosa di incompiuto”.

Tra le proposte in materia di IVA, si chiede innanzitutto la modifica della cadenza dell’esterometro, da mensile ad annuale, ma anche l’estensione della sanatoria sulle sanzioni relative alle fatturazione elettronica a tutto il 2019 (oggi è prevista solo per i primi sei mesi dell’anno), l’abrogazione dello splyt payment, l’eliminazione dell’obbligo di utilizzo esclusivo dei canali telematici per la compensazione di crediti di imposta non superiori a 5 mila euro (che avrebbe un impatto stimato in 326 milioni di euro) e il ripristino della disciplina che consente di recuperare l’IVA relativa a crediti inesigibili, oggetto di procedure concorsuali (norma contemplata dalla legge di stabilità 2016 ma mai entrata in vigore, che costerebbe 340 milioni ma con effetti positivi sugli anni successivi).

Quanto a IRES e redditi d’impresa, si propone, tra l’altro, di eliminare la causa di esclusione dal regime forfetario costituita dalla partecipazione in società di persone, associazioni, imprese familiari e srl “trasparenti”, e di aggiornare i limiti di deducibilità dei mezzi di trasporto e telefoni cellulari.

Ampio anche il capitolo relativo ad accertamento, contenzioso e riscossione. In particolare, commercialisti e imprese chiedono di introdurre l’acquiescenza parziale e l’obbligo generalizzato di contraddittorio preventivo. Il documento, presentato ieri da Francesca Mariotti di Confindustria, Gilberto Gelosa e Maurizio Postal del CNDCEC, contempla anche l’inserimento di un termine entro il quale l’Agenzia è chiamata a rispondere in caso di istanze di autotutela, l’innalzamento della soglia di preclusione per l’utilizzo in compensazione di crediti d’imposta in presenza di ruoli (da 1.500 a 5.000 euro) e l’obbligo, sempre in capo all’Agenzia delle Entrate, di comunicare entro anche nel caso in cui non emergano rilievi e contestazioni, l’esito della procedura di controllo entro 30 giorni dalla conclusione della procedura stessa.

“Nel nostro Paese – ha commentato Marcella Panucci, Direttore generale di Confindustria – pagare le tasse può essere anche ’bello’, ma di certo è difficile. E tutto ciò tratteggia un biglietto da visita poco incoraggiante per gli investitori esteri”. Una parte di responsabilità, ha spiegato, è anche delle categorie: “Chiediamo al Fisco un po’ di ossigeno, sotto forma di agevolazioni, crediti di imposta, regimi sostitutivi, forse perché orfani di una politica industriale di carattere sistemico”. E così si arriva a “un sistema di prelievo che è il frutto di una stratificazione, non sempre ordinata e razionale, delle norme nel tempo”.

Anche secondo Giovanni Spalletta, il punto di partenza di una reale semplificazione dovrebbe essere “una diversa formulazione delle norme”, evitando l’“eccessivo intervento” legislativo che si è avuto in questi anni. Per il Direttore legislazione tributaria del Dipartimento delle Finanze, andrebbe cercata una “sistematizzazione”, magari “ripensando ai testi unici” che, se non altro, ”eviterebbero duplicazioni”.

Riguardo alla semplificazione amministrativa, Spalletta ha ammesso che “il sistema ha delle lacune”, a causa di “adempimenti che si sovrappongono” e dati “utilizzati poco e male” dall’Amministrazione finanziaria, pur preconizzando un miglioramento quando la transizione verso la “frontiera digitale” si sarà conclusa.

Nel frattempo, però, anche gli uffici del MEF sembrano avere la consapevolezza che qualcosa vada fatto per rendere più accessibile il sistema tributario. In questo senso, verranno studiate le proposte presentate da imprese e commercialisti e su alcune pare esserci già un sostanziale consenso. Due su tutte: l’accorpamento IMU-TASI e la modifica della cadenza dell’esterometro, che secondo Spalletta dovrebbe diventare non annuale ma semestrale.