La nuova fattispecie prevista dall’art. 342 del DLgs. 14/2019 si affianca e non abroga, nemmeno parzialmente, il reato ex art. 236-bis del RD 267/42

Di Maria Francesca ARTUSI

Secondo la Cassazione è ancora pienamente in vigore il reato di falso in attestazioni e relazioni commesso dal professionista nell’ambito delle procedure fallimentari/concordatarie.
Lo precisa la sentenza n. 13016 depositata ieri, a fronte della tesi della difesa dell’imputato che invece affermava che la condotta contestata al professionista attestatore fosse stata parzialmente abrogata dal nuovo art. 342 del Codice della crisi dell’impresa e dell’insolvenza (DLgs. 14/2019).

Un professionista era stato condannato per aver omesso (in concorso con l’amministratore unico e poi liquidatore) informazioni rilevanti nella relazione allegata al ricorso per l’ammissione al concordato preventivo di una srl.
Occorre pertanto analizzare i rapporti tra i due reati citati.

La fattispecie di cui all’art. 236-bis del RD 267/42, contestata all’imputato nel caso in esame, prevede la punibilità per il professionista che nelle relazioni o attestazioni (artt. 67 comma 3 lett. d), 161 comma 3, 182-bis182-quinquies182-septies e 186-bis del medesimo decreto) espone informazioni false ovvero omette di riferire informazioni rilevanti.
D’altra parte, il “nuovo” art. 342 del DLgs. 14/2019 punisce il professionista che nelle relazioni o attestazioni espone informazioni false ovvero omette di riferire informazioni rilevanti in ordine alla veridicità dei dati contenuti nel piano o nei documenti a esso allegati.

Secondo la Cassazione, la verifica dell’eventuale effetto parzialmente abrogativo determinato dalla modifica normativa passa, inevitabilmente, per la corretta interpretazione dell’art. 236-bis citato e, in particolare, del termine “informazioni”, contenuto in esso.

In assenza di pronunce di legittimità sulla questione specifica, la giurisprudenza di merito e la dottrina maggioritaria, nel tentativo di meglio determinare il termine, lo ponevano in correlazione con la descrizione contenutistica delle diverse attestazioni e relazioni richiamate dalla norma e assumevano che – trattando le stesse sia la veridicità dei dati sia la fattibilità o idoneità giuridica o economica del piano o di altre proposte – l’informazione falsa oppure omessa dovesse essere riferita a entrambi gli oggetti dell’attività del professionista: veridicità e fattibilità. Si osservava che, in relazione alle attestazioni e alle relazioni richiamate dalla norma, al professionista attestatore, nell’ambito delle soluzioni negoziali della crisi, spettava: attestare la veridicità dei dati aziendali presentati dal debitore; valutare la “fattibilità economica” del piano presentato dal debitore. L’informazione falsa oppure omessa, dunque, poteva riguardava entrambi i profili.