Possibili ostacoli, però, nella preventiva autorizzazione della Commissione europea e nel tetto massimo dei fondi disponibili

Di Gianluca ODETTO

Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il DL “Rilancio”, occorre iniziare a pianificare, per quanto possibile, le operazioni di “riassestamento” delle società che hanno avuto un impatto più pesante in termini di calo dell’attività. Una delle azioni che potranno realisticamente avvenire è quella della capitalizzazione di tali imprese, posto che l’operazione, pur in più casi non obbligatoria in virtù della “moratoria” concessa dall’art. 6 del DL 23/2020, viene agevolata in modo abbastanza significativo dal legislatore.

Rimandando a un precedente intervento in materia (si veda “Aumenti di capitale con credito d’imposta del 20%” del 20 maggio) per i relativi dettagli tecnici, i benefici sono riservati alle medie imprese (con ricavi nel 2019 tra i 5 e i 50 milioni di euro) che abbiano subito nel bimestre marzo-aprile 2020 a causa dell’emergenza epidemiologica COVID-19 una riduzione dei ricavi di oltre il 33% rispetto allo stesso bimestre del 2020.

La norma di riferimento (art. 26 del DL 34/2020) prevede che, se queste società (che abbiano la forma di società di capitali) aumentano il capitale sociale, al soggetto che effettua il conferimento compete un credito d’imposta del 20% dell’importo versato, con un tetto massimo all’investimento di 2 milioni di euro (e un credito d’imposta massimo pari, quindi, a 400.000 euro); alla società, invece, compete un credito d’imposta pari al 50% della perdita del 2020 eccedente il 10% del patrimonio netto (assunto al lordo di tale perdita), fino a concorrenza del 30% dell’aumento di capitale.
La somma di questi crediti d’imposta non può eccedere la soglia massima di 800.000 euro (tetti ridotti sono previsti per le società che operano nei campi della pesca e dell’agricoltura).

Nella pianificazione delle operazioni va, in primo luogo, considerato che l’aumento deve essere deliberato ed eseguito tra il 20 maggio 2020 e il 31 dicembre 2020, e deve avvenire in denaro. In virtù del riferimento posto dalla norma ai “conferimenti in denaro (…) in esecuzione dell’aumento del capitale sociale”, sono agevolate sia le somme corrispondenti al valore nominale delle azioni o quote, sia le somme versate a titolo di sovrapprezzo; non sono invece agevolati i versamenti a riserve generiche (versamenti in conto capitale, a fondo perduto, ecc.), né gli aumenti a titolo gratuito.

Il legislatore vincola, però, il beneficio al fatto che l’aumento non avvenga nel contesto dei gruppi societari: non sono, quindi, agevolate le società che controllano direttamente o indirettamente la società conferitaria, sono da questa controllate (o a questa collegate) o sono sottoposte a comune controllo. Il beneficio dovrebbe invece spettare se a effettuare il conferimento è una persona fisica titolare di una partecipazione di controllo, o comunque qualificata.

Nella valutazione dell’operazione va poi tenuto conto che entrambi i crediti d’imposta (sia quello spettante al soggetto che effettua il conferimento, sia quello spettante alla società) devono essere riversati (con gli interessi legali, ma senza sanzioni) se la società distribuisce riserve di qualsiasi tipo prima del 1° gennaio 2024 (il riferimento alle “riserve” pare, però, indicare che la distribuzione dell’utile di esercizio non rappresenti invece una causa di decadenza). Analoga decadenza opera per il socio nel momento in cui la partecipazione ottenuta a seguito del conferimento venga trasferita prima del 1° gennaio 2024.

I due crediti d’imposta non sono sempre “paralleli”: i presupposti sono, infatti, comuni (le dimensioni dell’impresa, il calo dei ricavi nel secondo bimestre del 2020 e l’esecuzione dell’aumento di capitale in denaro), ma, mentre il beneficio per il socio si materializza sempre, quello per la società è vincolato al fatto che questa chiuda il 2020 con una perdita di esercizio.

La pianificazione dell’aumento di capitale sconta, in ogni caso, due problemi. Il primo è relativo a un’autorizzazione massima di spesa di 2 miliardi di euro per finanziare l’agevolazione (ipotizzando che ciascun “sistema” soci + società ne benefici per una media di 400.000 euro, ciò significa che i fondi sarebbero sufficienti per 5.000 aumenti di capitale). Per questo motivo è previsto che con apposito DM, da adottare entro il 18 giugno 2020, siano stabilite le norme di attuazione della misura, anche al fine di rispettare il suddetto limite di spesa.
Il secondo limite, ancora più stringente, deriva dal fatto che l’efficacia della misura agevolativa è vincolata all’autorizzazione della Commissione europea.

Per questo motivo, appare maggiormente logico iniziare una pianificazione a medio termine dell’operazione (valutazione preliminare del fabbisogno di cassa da parte della società, verifica dei fondi disponibili in capo ai soci esistenti, possibile ricerca di nuovi investitori, assenso dei soci a un vincolo almeno triennale a non distribuire riserve), rimandando la fase esecutiva alla seconda parte dell’anno, in cui il panorama risulterà presumibilmente meno incerto.