La novità spunta nelle ultime bozze circolate ieri, insieme ad altri affinamenti, tra cui l’abbuono a titolo definitivo del primo acconto IRAP

Di Alessandro COTTO e Enrico ZANETTI

Mentre dovrebbe durare ancora fino a domani la lunga attesa per vedere finalmente pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto “Rilancio” (che, è bene ricordarlo, nasceva come decreto “Aprile”), l’affinamento delle bozze verso il testo definitivo prosegue anche in questi giorni successivi all’approvazione del testo “salvo intese” da parte del Consiglio dei Ministri della scorsa settimana.

Tra questi affinamenti, due in particolare meritano di essere segnalati.

Il primo: cambia il testo della norma ai sensi della quale non risulta dovuto il versamento del saldo IRAP 2019 e del primo acconto IRAP 2020, entrambi in scadenza alla fine del prossimo mese di giugno.
Le aspettative generate dalle dichiarazioni del Governo, in sede di approvazione “salvo intese” del decreto “Rilancio”, andavano nel senso di assicurare a tutti gli esercenti attività di impresa, arti e professioni, con ricavi o compensi 2019 non superiori a 250 milioni di euro, uno “sconto a titolo definitivo” pari appunto all’ammontare altrimenti dovuto a titolo di saldo IRAP 2019 e di primo acconto IRAP 2020, ma il testo entrato in Consiglio dei Ministri sembrava ben lungi dal consentire di dare per certo questo risultato.

Anzi, a dire il vero, sembrava semmai consentire di dare per certo che lo “sconto a titolo definitivo” riguardasse solo l’equivalente del saldo IRAP 2019, mentre l’equivalente del primo acconto IRAP 2020 si sarebbe risolto in un mero differimento finanziario fino a giugno 2021, quando sarebbe risultato dovuto il versamento dell’IRAP a saldo per il 2020.

Questa incongruenza tra dichiarazioni programmatiche e dato letterale delle sottostanti norme era stato rilanciato da Eutekne.Info (si veda “IRAP, esclusione del saldo 2019 e del primo acconto 2020 ad ampio raggio” del 14 maggio 2020) e opportunamente portato all’attenzione del Governo dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, con una nota del Presidente Massimo Miani in cui si chiedeva chiarezza.

Chiarezza che, secondo “fonti MEF”, ci sarebbe già stata allora, posto che un comunicato di risposta a quello del CNDCEC sosteneva che i dubbi erano “destituiti di ogni fondamento” (si veda “Sconto sul primo acconto IRAP definitivo” del 15 maggio 2020).

Evidentemente cosi “destituiti di ogni fondamento” non erano, visto che nelle ultime bozze circolate ieri la norma è cambiata e, seppur ancora con tecnica normativa non felicissima, prevede ora che “l’importo di tale versamento [il primo acconto 2020 che in realtà non deve essere versato] è comunque escluso dal calcolo dell’imposta da versare a saldo per lo stesso periodo di imposta”.

È però il secondo affinamento ad essere un mezzo fulmine a ciel sereno, perché, nel testo della norma che disciplina il “contributo a fondo perduto” del 10%-15%-20%, a favore degli autonomi e delle imprese che nel mese di aprile 2020 hanno registrato un calo di oltre un terzo del fatturato, rispetto a quello di aprile 2019, viene aggiunto al comma 2 un periodo che allunga l’elenco dei soggetti esclusi dal beneficio, aggiungendovi i “professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509 e 10 febbraio 1996, n. 103”.

In altre parole, niente contributo a fondo perduto per tutti i professionisti ordinistici, non solo quelli con reddito inferiore a 50.000 euro che già sembravano destinati all’esclusione sulla base delle precedenti bozze, in quanto riconducibili ai soggetti che potevano beneficiare del “reddito di ultima istanza” di cui all’art. 44 del DL “Cura Italia” (si veda “Contributo a fondo perduto sul 20% del fatturato perso ad aprile” del 18 maggio 2020).

Se si considera che dal beneficio del contributo a fondo perduto già risultavano esclusi i lavoratori autonomi “senza cassa” iscritti alla Gestione separata INPS, diventerebbero a dir poco residuali i casi in cui i beneficiari sarebbero dei titolari di compensi di cui all’art. 54 comma 1 del TUIR, che pure le bozze continuano a richiamare.

Per altro, se l’esclusione dei liberi professionisti con “cassa privata” dalle indennità assistenziali erogate dall’INPS poteva avere una sua spiacevole, ma accettabile coerenza nella loro non riconducibilità al novero dei “soggetti INPS”, questa nuova esclusione da un contributo a fondo perduto che viene erogato dall’Agenzia delle Entrate pare priva di giustificazioni, al punto che non sorprenderebbe che qualcuno ne eccepisse la legittimità costituzionale.

Non resta che sperare che il Governo utilizzi al meglio l’ulteriore tempo che si sta concedendo e, relativamente a questo aspetto, torni sui suoi passi.