I maggiori valori sono riconosciuti solo dal 2022 (o dal 2023, ai fini del calcolo delle plusvalenze)

Di Gianluca ODETTO

La scelta di rivalutare i beni d’impresa nel bilancio al 31 dicembre 2019 presenta alcuni aspetti di maggiore delicatezza per quanto riguarda i beni immobili. Fermo restando che, per espressa disposizione di legge, oggetto di rivalutazione sono solo gli immobili che rappresentano immobilizzazioni, e non quelli alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa, le principali problematiche riguardano la costruzione delle categorie omogenee e l’efficacia ai fini fiscali dell’operazione.

Per quanto riguarda il primo aspetto, le categorie omogenee sono quelle previste dall’art. 4, comma 5, del DM 162/2001; gli immobili si distinguono quindi in aree fabbricabili aventi la stessa destinazione urbanistica, aree non fabbricabili, fabbricati non strumentali, fabbricati strumentali per natura e fabbricati strumentali per destinazione.

Il problema si cela nei chiarimenti più volte richiamati dell’Agenzia delle Entrate (da ultimo, nella circ. n. 14/2017) secondo cui:
– con riferimento al medesimo immobile, è possibile rivalutare in modo autonomo la componente “area” rispetto alla componente “fabbricato”;
– l’area fa parte della categoria degli immobili non ammortizzabili, mentre il fabbricato fa parte della categoria degli immobili ammortizzabili.

Va ancora una volta sottolineato come queste due categorie non esistano nel contesto della rivalutazione di cui trattasi: beni non ammortizzabili e beni ammortizzabili divergono, infatti, solo per l’entità dell’imposta sostitutiva da assolvere sui relativi plusvalori (10% nel primo caso, 12% nel secondo).

Possono in questa sede essere confermate alcune indicazioni (si veda “L’area sottostante il fabbricato strumentale è rivalutabile in modo autonomo” del 18 maggio 2017) secondo cui occorrerebbe avere riguardo, per la costruzione della categoria, alla natura dei fabbricati (quindi, rimarrebbe l’obbligo, per l’impresa che abbia tre fabbricati strumentali per natura, di adeguare il valore di tutti questi fabbricati); le aree sottostanti, invece, non paiono inquadrabili né tra le aree edificabili, né tra quelle non edificabili, in quanto rappresentano aree edificate, sulle quali insiste il fabbricato sovrastante: una soluzione ragionevole, che però non è mai stata confermata in via ufficiale dall’Agenzia delle Entrate, sarebbe quella di consentirne la rivalutazione in modo autonomo, al pari di quanto avviene per i beni immateriali. La rivalutazione dell’area risulta comunque subordinata a precise stime in merito al possibile sfruttamento della stessa.

Un secondo problema si cela nell’individuazione degli effetti fiscali della rivalutazione. L’art. 1 commi 700 e 701 della L. 160/2019 prevede che, per i soggetti “solari”, i maggiori valori iscritti siano riconosciuti ai fini fiscali in termini generali (ammortamenti, plafond delle spese di manutenzione, ecc.) dal 2022 e ai fini del calcolo delle plusvalenze e delle minusvalenze dal 1° gennaio 2023. Il successivo comma 703 dispone poi che, limitatamente ai beni immobili, i maggiori valori iscritti in bilancio ai sensi dell’art. 14 della L. 342/2000 si considerano riconosciuti dal periodo d’imposta in corso al 1° dicembre 2021.

Il riferimento ai valori iscritti ai sensi dell’art. 14 della L. 342/2000 indica che, per gli immobili, i valori sono riconosciuti anticipatamente dal 2021 solo in caso di riallineamento, e non in caso di rivalutazione.
Del riconoscimento anticipato potrebbero, quindi, beneficiare le imprese che, ad esempio, abbiano rivalutato immobili ai sensi dell’art. 15 del DL 185/2008 ai soli fini civilistici e che ora intendano riallineare i valori, assolvendo sulla differenza non riconosciuta ai fini fiscali le imposte sostitutive nella medesima misura prevista per la rivalutazione. L’operazione è subordinata all’apposizione di un vincolo di sospensione d’imposta sulle riserve di patrimonio netto: nel caso specifico, potrebbe essere prescelta proprio la riserva per la rivalutazione civilistica, sempre che essa, naturalmente, non sia stata utilizzata per la copertura delle perdite o distribuita ai soci. Si tratta di un’opzione da valutare con un certo favore da parte delle imprese che abbiano intenzione di cedere immobili nel breve termine.

Pur non essendovi indicazioni specifiche sul punto da parte dell’Agenzia delle Entrate, si deve ritenere che in questi casi i maggiori valori siano riconosciuti dal periodo d’imposta in corso al 1° dicembre 2021 (e quindi dal 1° gennaio 2021, per i soggetti “solari”) anche ai fini delle plusvalenze e minusvalenze. Da una parte, infatti, l’art. 1 comma 703 si pone come norma autonoma (e quindi suscettibile di disciplinare tutte le situazioni in cui si pone il problema del riconoscimento fiscale dei valori) rispetto al comma 701, che prevede nel diverso contesto della rivalutazione il riconoscimento dei maggiori valori sfalsato di un anno ai fini della determinazione delle plusvalenze.

Ma anche se ci si rifà al DM 86/2002 (espressamente richiamato dalle attuali disposizioni), il relativo art. 3 prevede che i maggiori valori abbiano un riconoscimento differito, ma con la medesima tempistica, per ammortamenti e plusvalenze (la decisione di sfalsare di un anno l’efficacia dei maggiori valori ai fini del calcolo delle plusvalenze è stata, infatti, presa solo con riferimento alle ultime leggi di rivalutazione), né vi sono altre norme richiamate in modo espresso che possano far giungere a conclusioni diverse.