Potrebbe essere considerato un «errore scusabile» il pagamento della sostitutiva da parte della società anziché ad opera dei soci

Di Salvatore SANNA

La rideterminazione del costo o valore d’acquisto delle partecipazioni non quotate è stata originariamente prevista dall’art. 5 della L. 448/2001 ed è stata più volte oggetto di proroga.
Questo regime consente di affrancare eventuali plusvalenze latenti su partecipazioni non quotate ed è riservato ai soggetti che effettuano operazioni suscettibili di generare redditi diversi di cui all’art. 67 comma 1 lett. c) e c-bis) del TUIR.

Con la proroga del regime effettuata dalla L. 145/2018 (legge di bilancio 2019), per avvalersi della rivalutazione per il 2019, occorreva possedere la partecipazione alla data del 1° gennaio 2019.
Per beneficiare del regime agevolato in argomento, entro il 1° luglio 2019 (il 30 giugno 2019 cadeva di domenica) era necessario procedere con:
– la redazione e il giuramento di un’apposita perizia di stima, da parte di un soggetto abilitato;
– il versamento in autoliquidazione di un’imposta sostitutiva sul valore periziato (dell’11% o del 10%), da parte del contribuente.

L’imposta sostitutiva doveva essere versata sull’intero valore risultante dalla perizia delle partecipazioni non quotate.
L’Agenzia delle Entrate (cfr. circ. n. 35/2004 § 2; n. 47/2011 § 1.3; n. 20/2016, § 11) ha chiarito che l’opzione per la rideterminazione del costo o valore di acquisto delle partecipazioni non quotate e la conseguente obbligazione tributaria si considerano perfezionate con il versamento, entro il termine previsto:
– dell’intero importo dell’imposta sostitutiva dovuta, sulla base del valore indicato nella perizia giurata;
– oppure, per il pagamento rateale, della prima rata.

Stante la suddetta impostazione relativa al perfezionamento della rivalutazione, è stato altresì chiarito che il contribuente può avvalersi del ravvedimento operoso, di cui all’art. 13 del DLgs. 472/1997, solo in caso di omesso o insufficiente versamento delle rate dell’imposta sostitutiva successive alla prima.

La Cassazione, con la sentenza 20 febbraio 2015 n. 3410, ha sostanzialmente confermato l’impostazione dell’Agenzia delle Entrate.
Muovendo da queste considerazioni, è interessante analizzare il caso in cui il versamento dell’imposta venga effettuato dalla società di persone commerciale partecipata, invece che dal soggetto non imprenditore che applica le disposizioni sul capital gain.

Detto versamento non risulterebbe idoneo a riconoscere l’opzione per la rideterminazione del costo fiscale delle partecipazioni da parte della persona fisica che non svolge attività di impresa. Infatti, tale comportamento sarebbe carente dei presupposti soggettivi ed oggettivi previsti dalla norma che si rivolge ai soggetti non imprenditori suscettibili di produrre redditi diversi in caso di cessione di partecipazioni non quotate.

Tuttavia, si segnala l’interessante sentenza del 15 gennaio 2010 n. 8/1/10 della C.T. Prov. Alessandria, secondo la quale l’errato versamento da parte della società dell’imposta sostitutiva per la rideterminazione della partecipazione non può far venir meno l’affrancamento così come determinato secondo il valore indicato nella perizia di stima.

Il caso analizzato dai giudici riguarda il socio di una società in accomandata semplice che ne possedeva il 25% del capitale e che ha rivalutato la propria quota di partecipazione, tenendo conto del valore indicato nella perizia giurata di stima (redatta appositamente per poter aderire al regime agevolativo previsto dall’art. 5 della L. 448/2001).

In questa circostanza, l’imposta sostitutiva era stata versata attraverso un modello F24 intestato alla società, riportando il codice fiscale della sas, anziché quello distinto di ognuno dei quattro soci.

Al riguardo, la Commissione ha considerato l’errore commesso come scusabile, affermando che “la contribuente ha specificamente seguito le disposizioni in materia di rideterminazione del valore della quota; che tale valore è stato stabilito mediante perizia asseverata; che trattasi di partecipazione non qualificata; che l’imposta sostitutiva era stata a suo tempo versata; ne deriva che nel caso in esame non può ravvisarsi plusvalenza alcuna”.

Nonostante sia stato formalmente commesso un errore materiale nella compilazione del modello F24, si valorizza il fatto che risulta versato l’intero importo dovuto a titolo di rivalutazione.

La medesima impostazione potrebbe essere adottata qualora appaia evidente la volontà di avvalersi della rivalutazione da parte del socio. Del resto, l’erronea indicazione del codice fiscale non costituisce un elemento che compromette il pagamento dell’imposta nei termini, nella misura in cui, beninteso, siano stati rispettati gli obblighi di legge inerenti alla rivalutazione, e, in particolare, sussistano le condizioni per fruirne.