Il Consiglio notarile di Milano fornisce una nuova lettura della norma riformata dal Codice della crisi

Di Maurizio MEOLI

Il Consiglio Notarile di Milano, con la nuova massima n. 183, ha precisato che l’art. 2475 comma 1 c.c., là dove dispone che la “gestione dell’impresa … spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale”, non consente allo statuto di attribuire a soci non amministratori il potere di dare diretta esecuzione a decisioni afferenti la gestione della società.

Si ricorda che l’art. 377 comma 4 del DLgs. 14/2019 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza) ha sostituito il precedente testo del primo comma dell’art. 2475 c.c. aggiungendovi le seguenti precisazioni: “La gestione dell’impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all’articolo 2086, secondo comma [anch’esso di nuova introduzione], e spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale”; resta ferma, inoltre, la previsione secondo la quale “salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, l’amministrazione della società è affidata a uno o più soci nominati con decisione dei soci presa ai sensi dell’articolo 2479”.

Tale nuova disciplina – che, ex art. 389 comma 2 del DLgs. 14/2019, è entrata in vigore il 16 marzo 2019 – è parsa, fin da subito, entrare in contrasto con diverse disposizioni connotanti il tipo sociale srl che non sono state modificate, ovvero:
– con l’art. 2479 comma 1 c.c., che prevede la possibilità per i soci di decidere sulle materie riservate alla loro competenza dall’atto costitutivo, nonché sugli argomenti che uno o più amministratori o tanti soci che rappresentino almeno un terzo del capitale sociale sottopongano alla loro approvazione;
– con l’art. 2468 comma 3 c.c., che riconosce la possibilità che l’atto costitutivo preveda l’attribuzione ai singoli soci di particolari diritti riguardanti l’amministrazione della società;
– con l’art. 2476 comma 7 c.c., il quale prevede una responsabilità solidale dei soci con gli amministratori quando essi abbiano intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi.

La lettura prevalente, peraltro, esclude contrasti. Semplicemente, in esito alle indicate novità normative, la nozione di “gestione” della società, che ad oggi tende ad essere “confusa” con quella di “amministrazione” della stessa, acquisirebbe una portata autonoma. Mentre la “gestione” atterrebbe all’assunzione dell’assetto imposto dal nuovo art. 2086 c.c., l’“amministrazione” riguarderebbe il compimento delle operazioni (e degli atti negoziali) necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale. Questa soluzione interpretativa – che sembra garantire, con maggiore sicurezza, la salvezza delle norme della srl che ammettono l’attribuzione di diritti amministrativi in capo a singoli soci o all’assemblea, divenendo tale attribuzione preclusa unicamente con riguardo ai poteri di gestione – è stata ripresa anche dalla circ. Assonime 19/2019 e dallo Studio 58-2019/I del Consiglio nazionale del Notariato.

Il Consiglio notarile di Milano, ora, con la massima in commento, si discosta da tale orientamento.
Come evidenziato, infatti, si ritiene che l’art. 2475 comma 1 c.c., là dove dispone che la “gestione dell’impresa … spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale”, non consenta allo statuto di attribuire a soci non amministratori il (solo) potere di dare diretta esecuzione a decisioni afferenti la gestione della società (decisioni che, dunque, potrebbero adottare).

Conseguentemente – proseguono i notai milanesi – mentre devono ritenersi legittime le clausole statutarie che attribuiscano a soci non amministratori, come diritto collettivo ai sensi dell’art. 2479 c.c. o come diritto particolare ai sensi dell’art. 2468 comma 3 c.c., poteri decisionali inerenti la gestione dell’impresa, devono considerarsi invece incompatibili con il disposto di legge le clausole statutarie che attribuiscano a soci non amministratori il diritto o il potere di dare diretta esecuzione alle decisioni gestionali assunte dagli aventi diritto.

Un’altra nuova massima, la n. 182, invece, ha precisato che l’obbligo di menzione imposto dall’art. 2506-ter comma 2 c.c., quando “la scissione si realizza mediante aumento di capitale con conferimento di beni in natura o di crediti”:
– è diretto unicamente a rendere nota l’avvenuta elaborazione della relazione di stima di cui all’art. 2343 c.c., ove prevista, e il Registro delle imprese presso il quale essa è depositata. Tale prescrizione non impone invece la redazione della relazione di stima in ogni ipotesi in cui all’esito della scissione il capitale della società beneficiaria venga aumentato;
– non fa venir meno la facoltà di rinunciare, ai sensi dell’art. 2506-ter comma 4 c.c., alla redazione della relazione illustrativa degli amministratori di cui all’art. 2501-quinquies c.c. In tal caso, la menzione imposta dall’art. 2506-ter comma 2 c.c., è effettuata nel progetto di scissione. L’obbligo di indicare il Registro delle imprese presso il quale è depositata la relazione di stima ai sensi dell’art. 2343 c.c. è assolto con l’indicazione del Registro delle imprese presso il quale sarà depositata la decisione di scissione, con allegata la relazione di stima stessa;
– non è applicabile al di fuori dei casi di scissione a favore di una spa.