Con il Ddl. di conversione del decreto «crescita» sono equiparati ai crediti emergenti dalla dichiarazione annuale

Di Emanuele GRECO

Con la legge di conversione del c.d. decreto “crescita” (DL 34/2019), attualmente all’esame del Senato, sta per giungere a compimento l’iter che porta al riconoscimento della possibilità di cedere i crediti IVA maturati su base trimestrale, ai sensi dell’art. 5 comma 4-ter del DL 70/1988.
Quest’ultima norma attualmente consente la cedibilità dei soli crediti IVA risultanti dalla dichiarazione annuale, mentre, con la modifica legislativa descritta, sarà possibile cedere anche il credito per il quale è stato richiesto il rimborso in sede di liquidazione trimestrale.

La facoltà di cedere il credito IVA trimestrale si renderà applicabile ai crediti per i quali il rimborso è richiesto a decorrere dal 1° gennaio 2020 (e, dunque, plausibilmente a partire dai crediti esposti nel modello TR da presentarsi entro il 30 aprile 2020, con riferimento al primo trimestre del prossimo anno).

La modifica di cui si tratta nasce, tra l’altro, sotto l’impulso di Assonime che, con il documento n. 39 datato 20 dicembre 2018, ha espressamente richiesto l’intervento del legislatore al fine di consentire la cedibilità a terzi (tipicamente, banche e società di factoring) dei crediti IVA trimestrali, mediante una specifica segnalazione al Ministero dell’Economia e delle finanze.
Nel documento si rappresentava la mancanza di valide ragioni che possano giustificare la discriminazione tra la cedibilità a terzi dei crediti IVA annuali e la cedibilità di quelli trimestrali, osservando peraltro che questi ultimi risultano da operazioni i cui dati comunque confluiscono nella dichiarazione annuale determinando un’eccedenza di imposta rimborsabile.
Come rilevato anche da Assonime, la misura è di particolare interesse per i fornitori della Pubblica Amministrazione e degli altri enti nei confronti dei quali l’IVA si applica con il meccanismo dello split payment e, più in generale, per coloro che sono strutturalmente in una posizione creditoria in termini di IVA.

Lo strumento della cedibilità dei crediti d’imposta ex art. 5 comma 4-ter del DL 70/1988 si configura, difatti, come alternativo rispetto all’erogazione dei rimborsi IVA, i cui tempi – sebbene parzialmente ridotti negli ultimi anni per chi si avvale del conto fiscale – richiedono la massima tempestività per garantire il rispetto della neutralità del tributo (Corte di Giustizia Ue, 16 marzo 2017, causa C-211/16).
Sino a oggi, tuttavia, sulla base delle indicazioni dell’Agenzia delle Entrate (circolare n. 6 del 13 febbraio 2006, risoluzione n. 49 del 4 aprile 2006), è ammessa esclusivamente la possibilità di cedere i crediti IVA che risultano dalla dichiarazione annuale.

Di diverso avviso era, comunque, la Corte di Cassazione, la quale ha stabilito (da ultimo, Cass. n. 13027/2015) che la cessione del credito IVA, maturato dal soggetto passivo, ma non ancora esposto in dichiarazione, segue le ordinarie regole del codice civile (artt. 1260, 1264, 1348 c.c.). Per questa ragione, secondo la Suprema Corte non può “essere considerata causa ostativa all’efficacia dell’atto di cessione il fatto che il credito (quantificabile) non sia ancora stato chiesto a rimborso nella dichiarazione annuale al momento dell’atto di cessione, dato che tale circostanza comporta soltanto il rinvio del pieno operare degli effetti della cessione al momento in cui il credito viene a cristallizzarsi definitivamente secondo le norme tributarie”.

Analogamente si era espressa la giurisprudenza di merito (cfr. Corte d’Appello di Venezia n. 2252 del 2 ottobre 2013) riconoscendo la cedibilità del credito IVA trimestrale, in quanto anch’esso “costituisce un credito certo, liquido ed esigibile, non una mera aspettativa di rimborso” e, pertanto, è da considerarsi cedibile come qualsiasi altro credito.