Compensi esteri reversibili non imponibili in capo all’amministratore

Secondo l’Agenzia gli stessi sono imponibili in capo alla società «riversata» con possibilità di fruire del credito di imposta ex art. 165 del TUIR

Di Luisa CORSO

Con risposta ad interpello n. 167 di ieri l’Agenzia delle Entrate si è pronunciata in merito al trattamento fiscale dei compensi c.d. reversibili erogati all’amministratore residente in Italia, da una società estera.

Nel caso di specie, Beta, persona fisica residente in Italia e dipendente della società italiana Alfa, riceveva un compenso per le funzioni svolte a titolo di amministratore della società spagnola Delta, con l’obbligo di riversare a favore del datore di lavoro Alfa le somme percepite in relazione all’incarico svolto all’estero.

La società spagnola erogava i compensi mediante accredito sul conto corrente intestato all’amministratore Beta (e non sul conto corrente bancario della società Alfa), al netto della ritenuta prevista dalle disposizioni tributarie spagnole per i compensi erogati a soggetti non residenti.

La prima questione sottoposta all’attenzione dell’Agenzia attiene l’eventuale rilevanza del compenso ai fini della determinazione del reddito IRPEF di Beta.
Sotto il profilo normativo, l’art. 51 comma 2 lett. e) del TUIR dispone che non concorrono a formare reddito di lavoro dipendente, tra l’altro, “i compensi reversibili di cui alle lettere b) dell’art. 50”; tale ultima disposizione assimila ai redditi di lavoro dipendente le indennità e i compensi che il prestatore di lavoro percepisce da soggetti diversi dal proprio datore di lavoro per incarichi svolti in relazione alle funzioni della propria qualifica e in dipendenza del proprio rapporto di lavoro, ad esclusione di quelli che per clausola contrattuale devono essere riversati al datore di lavoro.

Come già precisato dalla C.M. n. 326/97 (§ 2.2.5), pertanto, i suddetti compensi reversibili, non solo non costituiscono reddito assimilato a quello dipendente, ma non devono neanche essere assoggettati a tassazione quali redditi di lavoro dipendente, in quanto sono imputati direttamente al soggetto al quale, per clausola contrattuale, devono essere riversati. A conferma, la R.M. n. 8/166 del 1977 ha espressamente escluso dal reddito complessivo IRPEF “i compensi reversibili percepiti dai collaboratori coordinati e continuativi tra i quali rientrano i consiglieri di amministrazione”.

L’Agenzia, con la risposta in esame, ha quindi precisato che non assumono rilevanza ai fini IRPEF i compensi corrisposti a Beta in relazione all’incarico di amministratore della società Delta, fiscalmente residente in Spagna. Sebbene, infatti, gli stessi siano accreditati, in forza della particolare normativa vigente in Spagna, sul conto corrente di Beta, tale soggetto non ne ottiene di fatto la disponibilità, perché contrattualmente tenuto a riversare gli importi al datore di lavoro italiano (società Alfa). Di conseguenza, in relazione a tali somme, la società Alfa non è tenuta ad adempiere alcun obbligo in qualità di sostituto d’imposta.

Ulteriore questione riguarda le modalità di imposizione delle somme in parola in capo alla società Alfa, in quanto effettiva beneficiaria delle stesse.
L’Agenzia precisa, sul punto, che il compenso riversato debba essere considerato imponibile ai fini IRES, al lordo della ritenuta in uscita applicata dalla Spagna.
Secondo l’Agenzia, infatti, in capo alla società Alfa è riscontrabile la nozione di “possesso” del reddito che si sostanzia nella materiale possibilità di fruizione del reddito stesso, principio già affermato, in tema di reversibilità dei compensi degli amministratori, nelle R.M. nn. 166/77 e 196/80.

Inoltre, sempre ad avviso dell’Agenzia, la ritenuta alla fonte operata dalla società spagnola sarebbe conforme all’art. 16 della Convenzione contro le doppie imposizioni siglata tra Italia e Spagna; tale disposizione prescrive la potestà impositiva concorrente per le retribuzioni che un residente di uno Stato contraente riceve in qualità di membro del consiglio di amministrazione di una società residente dell’altro Stato contraente.
Si tratterebbe, dunque, di imposte pagate all’estero a titolo definitivo in relazione alle quali la stessa Agenzia ammette la fruizione del credito di imposta ex art. 165 comma 6 del TUIR da parte della società Alfa.

Presso atto del contenuto della risposta, potrebbe tuttavia essere prospettabile una differente soluzione alla problematica. Considerando, infatti, le somme erogate da Delta imputabili alla società Alfa, non andrebbe invocato l’art. 16 della Convenzione in tema di compensi dell’amministratore, bensì l’art. 7 in tema di “utili delle imprese” (soluzione, questa, accolta dalla C.T. Prov. Milano n. 6357/3/17 nel caso speculare dei compensi riversati a società estere); in base a tale ultima disposizione, i redditi di un’impresa residente sono imponibili in uno Stato estero solo se l’impresa stessa svolge la sua attività all’estero per mezzo di una stabile organizzazione.

Posto che, nel caso di specie, la società Delta non configurava una stabile organizzazione spagnola della società italiana Alfa, la ritenuta alla fonte operata sui compensi erogati dalla società spagnola Delta sarebbe operata a titolo non definitivo, con la conseguenza che la società Alfa non potrebbe fruire del credito d’imposta per la ritenuta estera ma sarebbe tenuta a richiederne il rimborso.

2019-05-30T08:18:51+00:00Maggio 29th, 2019|News|
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