Sospensione della sentenza da circostanziare nelle liti da rimborso

Arduo sostenere, nel contempo, che il diniego non sia sospendibile

Di Alfio CISSELLO

Nel sistema processuale tributario posteriore al DLgs. 156/2015 è chiaro, anche guardando ai principi contenuti nella legge delega, che la sospensione delle sentenze emanate dal giudice tributario possa essere chiesta altresì dall’ente impositore, e non solo dal contribuente.
Tuttavia, quando si tratta di liti che originano da domande di rimborso, instaurate pertanto avverso il diniego tacito o il silenzio-rifiuto, emergono varie questioni.

In primis, l’art. 69 comma 4 del DLgs. 546/92 così sancisce: “il pagamento delle somme dovute a seguito della sentenza deve essere eseguito entro novanta giorni dalla sua notificazione ovvero dalla presentazione della garanzia di cui al comma 2, se dovuta”.
Dovrebbe essere chiaro che la domanda di sospensione della sentenza, chiesta unitamente all’appello (art. 52 del DLgs. 546/92) o con ricorso separato alla Regionale (art. 62-bis del DLgs. 546/92), è infondata per difetto dell’attualità del pericolo quando il contribuente, per le più varie ragioni, ha ritenuto di non notificare la sentenza.
Non a caso, da sempre si sostiene che il periculum in mora deve essere attuale e non potenziale.

Inoltre, come specificato nella circolare Agenzia delle Entrate 29 dicembre 2015 n. 38, § 1.15.2 (sia pure in merito alla richiesta di garanzia in sede di sospensione), è opportuno che “gli Uffici provvedano a fornire al giudice eventuali elementi in loro possesso idonei ad incidere negativamente sul giudizio di solvibilità del contribuente, al fine di ottenere, in caso di soccombenza, la previsione di una idonea garanzia”.
L’Ufficio, se ha timore che l’erogazione delle somme, in ragione dell’insolvenza del contribuente, renda impossibile un loro eventuale recupero in caso di ribaltamento della sentenza (in appello o in Cassazione), deve provare il motivo di ciò. Elementi utili potrebbero essere precedenti fiscali o eventuali indici di bilancio che denotano una scarsa liquidità dell’impresa.

Un altro punto merita però senz’altro attenzione.
Da sempre, con orientamento ribadito nella circolare n. 38 del 2015, l’Agenzia delle Entrate ritiene che tra gli atti sospendibili ai sensi dell’art. 47 del DLgs. 546/92 non rientrino i dinieghi di rimborso. “Funzione essenziale della sospensione dell’atto impugnato è paralizzare temporaneamente gli effetti pregiudizievoli dello stesso, in attesa della sentenza di primo grado. Per tale ragione, in linea di principio non può chiedersi la sospensione di atti a contenuto non impositivo, quali il diniego – espresso o tacito – di rimborsi, agevolazioni o definizioni agevolate di rapporti tributari, in quanto in tal caso l’ordinanza di sospensione imporrebbe all’Amministrazione finanziaria un obbligo di facere”.

Alla luce di quanto esposto, può l’Agenzia delle Entrate, nello stesso tempo, sostenere la possibilità di sospensione delle sentenze che originano da ricorsi contro il diniego di rimborso?

Di certo, in uno Stato di diritto mai si potrà ammettere che la sospensione sia consentita solo quando è favorevole alle casse erariali. Dunque, prescindendo dall’annosa questione inerente alla differenza tra sospensione dell’atto e sospensione della sentenza, se il diniego non può essere sospeso (tesi che trova un certo seguito in giurisprudenza), allora nemmeno la sentenza può esserlo.

Tuttavia, analizzando sistematicamente gli artt. da 68 a 70 del DLgs. 546/92, pare che il legislatore consenta la sospensione anche delle sentenze su liti da rimborso, sempre che siano presenti le c.d. esigenze cautelari, ovvero verosimiglianza della pretesa e danno grave e irreparabile.
Se questa fosse la ricostruzione corretta, e se, quindi, fosse consentita la sospensione delle sentenze, del pari dovrebbe essere consentita la sospensione dei dinieghi di rimborso.

2019-05-24T07:43:42+00:00Maggio 23rd, 2019|News|
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