Diversi gli strumenti sia di percezione che di reazione di cui l’organo di controllo e il revisore appaiono dotati
Il nuovo Codice della crisi e dell’insolvenza demanda agli organi di controllo, intendendo per tali il sindaco unico o il collegio sindacale (come si evince con chiarezza dalla relazione ministeriale all’art. 37), molti nuovi poteri/doveri.
Il sindaco unico (e il collegio sindacale), oltre a monitorare la società ogni 90 giorni, deve partecipare ai CdA e agli eventuali comitati esecutivi. Negli stessi, da un lato, l’organo di controllo potrà individuare i non idonei assetti organizzativi (incombenza da sempre richiesta al collegio sindacale ai sensi dell’art. 2403 comma 1 c.c.) e, dall’altro, ravvisare i primi sintomi di uno stato di crisi. Di questi ultimi il collegio può avvisare il CdA che non li avesse percepiti oppure anche l’assemblea se convocata in quel periodo o appositamente convocata dall’organo di controllo. Il tutto ovviamente prima dell’eventuale attivazione della nuova procedura di allerta a cui sono poi tenuti sia il sindaco che il revisore.
A tali già incisivi poteri il Codice della crisi (DLgs. 14/2019) ne aggiunge altri, specifici e di estrema rilevanza.
In particolare:
– ai sensi dell’art. 14 comma 4 del DLgs. 14/2019, le banche e gli altri intermediari finanziari di cui all’art. 106 del DLgs. 385/1993 (c.d. TUB), “nel momento in cui comunicano al cliente variazioni o revisioni o revoche degli affidamenti bancari, ne danno notizia anche agli organi di controllo, se esistenti”. Organi di controllo (unipersonale o collegiale) che, nella logica dell’art. 2477 c.c., vengono sempre tenuti distinti dal revisore (organo di controllo o revisore) dacché parrebbe che l’unico soggetto che gli istituti finanziari siano tenuti a notiziare sia il sindaco (o l’organo di controllo pluripersonale);
– il secondo comma dell’art. 379 del DLgs. 14/2019, con l’introduzione del nuovo comma 6 dell’art. 2477 c.c., prevede ora che, anche in caso di gravi irregolarità degli amministratori di srl, che possano recare danno alla società, ed eventualmente determinare una futura crisi della stessa, venga ristabilita (come avveniva anteriormente alla riforma societaria del 2003) la possibilità per il collegio sindacale della società, e ora anche per il sindaco unico di ricorrere o anche di solo minacciare di ricorrere al controllo giudiziario ex art. 2409 c.c.;
– infine, con l’art. 37 comma 2 del DLgs. 14/2019 (e questa è una novità assoluta rispetto al vigente art. 6 comma 1 del RD 267/1942, che non consente all’organo di controllo di chiedere il fallimento della società) al collegio sindacale e al sindaco unico sarà consentito di richiedere direttamente la liquidazione giudiziale della società.
Il revisore, di contro, ai sensi dell’art. 14 del DLgs. 39/2010 ha solo l’obbligo di effettuare controlli contabili periodici, non partecipa ai CdA e ai comitati esecutivi, non ha l’obbligo di monitorare l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, ma solo di “acquisire una comprensione degli aspetti del controllo interno rilevanti ai fini della revisione contabile” (ISA Italia 315). Ne deriva che il revisore, pur tenuto a vigilare sulla continuità aziendale dell’impresa, si baserà, di norma, sulle scritture contabili, e quindi percepirà le avvisaglie negative in una fase temporale sicuramente successiva a quella in cui i primi sintomi di una crisi si manifestino concretamente.
Sebbene, quindi, l’art. 14 comma 1 del DLgs. 14/2019 chiami sia il sindaco che il revisore a monitorare costantemente l’assetto organizzativo dell’impresa, il suo equilibrio economico finanziario e il prevedibile andamento nella gestione nonché a segnalare immediatamente allo stesso organo amministrativo l’eventuale esistenza di fondati indizi di crisi, diversi appaiono gli strumenti sia di percezione, rispetto al materializzarsi della crisi, che di reazione di cui l’organo di controllo e il revisore sembrano dotati.
Alla luce dei ben più penetranti poteri di cui è dotato l’organo di controllo rispetto al revisore, e degli obiettivi delle nuove disposizioni finalizzati a intercettare gli “albori” della crisi aziendale, appare davvero “strana” (per non dire inadeguata) una norma, quale è quella dell’art. 2477 c.c., che continua a consentire al controllato di nominare indistintamente l’uno o l’altro soggetto. Peraltro, considerate le minori responsabilità di cui è permeato un revisore rispetto al sindaco e il presumibile minor costo dello stesso per la società, si finirà probabilmente per favorire la nomina del revisore; nomina che, come si è cercato di dimostrare, risulta molto meno congeniale, ad avviso di chi scrive, rispetto alla nomina del sindaco, in merito agli obiettivi che il nuovo CCII intende perseguire.
Per un ampio approfondimento sul tema della nomina, sui doveri, poteri e responsabilità degli amministratori, sindaci e revisori, alla luce del DLgs. 14/2019, si rimanda al numero 3 della rivista “Società e Contratti, Bilancio e Revisione”, di prossima uscita.