La scelta di più canali di ricezione inibisce l’utilizzo del servizio dell’Agenzia

Di Luca BILANCINI

Al fine di ridurre i rischi di mancata ricezione della fattura elettronica, può essere sicuramente efficace la scelta di aderire al servizio di registrazione dell’indirizzo telematico sul portale “Fatture e Corrispettivi”. Una volta avuto accesso all’interfaccia web e scelto l’apposito link nel box “Fatturazione elettronica e Conservazione”, presente nella home page, il soggetto passivo potrà indicare il codice destinatario o l’indirizzo di posta elettronica certificata cui desidera che le fatture gli vengano recapitate. Come riportato nelle specifiche tecniche allegate al provv. Agenzia delle Entrate 30 aprile 2018 n. 89757, la “scelta effettuata attraverso la funzione di registrazione verrà considerata dal SdI come prioritaria nella consegna della fattura”.

I vantaggi sono molteplici. Da un lato il Sistema, verificato il numero di partita IVA del cessionario o committente, lo assocerà automaticamente all’indirizzo telematico registrato, recapitando la fattura elettronica al destinatario “indipendentemente dalle opzioni di compilazione del campo Codice Destinatario” (si veda al proposito il provv. n. 89757/2018 citato al § 8.1).

Dall’altro, proprio perché il SdI procede al recapito qualsiasi sia l’indirizzo telematico riportato all’interno del file, non si correrà il rischio che la fattura venga scartata per inesistenza o non corretta indicazione dello stesso.
La ricezione potrebbe comunque trovare ostacolo laddove, ad esempio, il canale telematico non fosse attivo o la casella PEC risultasse piena. In tale circostanza, il cedente/prestatore otterrebbe dal Sistema di Interscambio una ricevuta di impossibilità di consegna e dovrebbe comunicare “tempestivamente” al cessionario/committente che l’originale del documento è reperibile nell’area riservata del sito “Fatture e Corrispettivi”.

Ci sono, tuttavia, delle situazioni in cui non è possibile aderire al servizio di registrazione. È il caso, ad esempio, di quei soggetti che esercitano attività articolate in più punti di consegna (si pensi ai supermarket) e che intendono disporre di più indirizzi telematici. L’Agenzia delle Entrate ha ricordato, in occasione dell’evento tenutosi il 15 gennaio scorso presso il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili (si veda al proposito il documento pubblicato ieri dal CNDCEC), che è consentito disporre di più canali, ma, in tal caso, non sarà possibile effettuare la registrazione; nella circostanza si sarà tenuti a comunicare al proprio fornitore, di volta in volta, l’indirizzo telematico prescelto per la ricezione (il fornitore, tuttavia, anche in assenza di tale informazione, potrà comunque procedere all’emissione della fattura indicando il codice convenzionale “0000000”).

Altro caso in cui potrebbe essere scelta l’adozione di più indirizzi telematici concerne il Gruppo IVA, che, tuttavia, come sottolineato dall’Amministrazione finanziaria, è un operatore unico ai fini dell’imposta. L’Agenzia, nell’occasione, sottolinea come, in aderenza con quanto previsto dall’art. 3 comma 1 del DM 6 aprile 2018, le fatture emesse da tale soggetto debbano riportare, nella sezione relativa al cedente/prestatore, la partita IVA del Gruppo nonché il codice fiscale del singolo partecipante cui l’operazione è riferibile. Analogamente, le fatture ricevute devono riportare, nella sezione del cessionario/committente, sia la partita IVA del Gruppo che il codice fiscale del partecipante a cui l’operazione sia riferibile.

Sempre restando in tema di ricezione delle fatture, fra le risposte che l’Agenzia delle Entrate ha fornito in relazione ai quesiti posti dal CNDCEC, alcune hanno riguardato la gestione dei documenti di acquisto da parte degli enti non commerciali. È stato precisato, al proposito, che le associazioni no profit che svolgono anche attività commerciale possono liberamente decidere di farsi rilasciare le fatture di acquisto relative all’attività istituzionale in formato elettronico o analogico (come avviene per i consumatori finali).

Sempre per quanto concerne il Terzo settore, l’Agenzia ha anche ricordato che nell’ipotesi in cui l’acquisto sia effettuato per fini istituzionali, l’ente comunicherà al fornitore il proprio codice fiscale; diversamente, se l’operazione è stata effettuata per fini commerciali, al cedente/committente dovrà essere comunicata la partita IVA.