Nella prassi operativa la disciplina ex art. 27 del DL 185/2008 è però applicata anche per crediti esposti in dichiarazione

Di Giorgio INFRANCA e Pietro SEMERARO

L’art. 1 comma 421 della L. 311/2004 ha introdotto nel nostro ordinamento i c.d. “avvisi di recupero dei crediti d’imposta”, fornendo così all’Amministrazione finanziaria uno strumento ad hoc per la riscossione dei crediti indebitamente utilizzati.
La legge prescrive che gli avvisi di recupero siano adeguatamente motivati e che vengano notificati secondo le forme dell’art. 60 del DPR 600/73, entro gli ordinari termini di decadenzadel potere di accertamento, ovvero entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui il credito è stato utilizzato (o 31 dicembre del quarto anno, per le annualità sino al 2015).
Alla luce del loro contenuto, detti atti vengono considerati alla stregua di atti accertativi, da cui discende la possibilità di presentare istanza di accertamento con adesione (Cass. n. 8429/2017) e di accedere alla riscossione frazionata in pendenza di giudizio (Cass. n. 3838/2013).

Ai sensi dell’art. 27 commi da 16 a 20 del DL 185/2008, l’avviso di recupero del credito d’imposta ex art. 1 comma 421 della L. 311/2004 è lo strumento tipico anche per il recupero dei “crediti inesistenti” (la cui definizione è oggi fornita dall’art. 13 comma 5 del DLgs 471/97, per il quale “si intende inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter”), che siano stati direttamente utilizzati nei modelli di pagamento unificato (F24).

Considerato il carattere piuttosto insidioso e decettivo della materia, la disciplina del recupero dei crediti inesistenti ex art. 27 commi 16-20 del DL 185/2008 è corredata da una proceduraparticolarmente rigida e stringente nei confronti del contribuente. In particolare, ai sensi del comma 16, l’avviso di recupero può essere notificato addirittura entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello dell’utilizzo del credito; ai sensi del comma 19, invece, le somme dovute in base all’avviso di recupero vengono iscritte per intero (compresi, quindi, sanzioni e interessi) a ruolo straordinario; sugli avvisi di recupero relativi all’utilizzo del credito inesistente non è possibile usufruire della definizione agevolata (art. 13 comma 5 del DLgs. 471/97).
L’utilizzo del credito inesistente, infine, è sanzionato con sanzione proporzionale dal 100% al 200% del credito inesistente utilizzato in compensazione.

Ciò detto, e nonostante la disciplina appena richiamata faccia esplicito riferimento ai crediti inesistenti indicati nei modelli F24 (il comma 16 è infatti chiaro sul punto quando afferma che l’atto di recupero viene emesso “a seguito del controllo degli importi a credito indicati nei modelli di pagamento unificato”), la prassi operativa denota invece un’applicazione della disciplina in questione da parte dell’Amministrazione finanziaria che sembra andare ben oltre il dato normativo.

Si registrano, infatti, casi di avvisi di recupero ex art. 1 comma 421 della L. 311/2004 emessi proprio in base alla più gravosa disciplina di cui all’art. 27 commi 16-20 del DL 185/2008 (e quindi anche oltre gli ordinari termini di decadenza del potere di accertamento e con la conseguenza, in caso di mancato adempimento spontaneo, dell’iscrizione a ruolo straordinario della totalità delle somme), con cui l’Agenzia delle Entrate ha recuperato crediti ritenuti inesistenti originariamente esposti dal contribuente direttamente in dichiarazione e non, invece, solo e direttamente in F24.

Si pensi al caso di una dichiarazione che si chiuda a credito. A prescindere dalle modalità con cui il contribuente utilizzi tale credito (compensazione interna o F24), la genesi dello stesso sarebbe comunque rinvenibile nella dichiarazione. L’Agenzia, pertanto, per contestare la spettanza del credito, dovrebbe necessariamente utilizzare gli ordinari strumenti di controllo delle dichiarazioni dei redditi (controlli formali o avvisi di accertamento), con la conseguenza che non potrà attingere allo strumentario addotto dal DL 185/2008.

Ad oggi non si registrano ancora posizioni specifiche in giurisprudenza in merito alla legittimità di un tale comportamento; ciò nonostante, nel caso di notifica di avvisi di recupero specificamente emessi ex art. 27 commi 16-20 del DL 185/2008, con i quali l’Amministrazione finanziaria agisce per il recupero di crediti inesistenti esposti in dichiarazione, sarebbe opportuno contestare la nullità dell’atto per violazione di legge, lamentando specificamente che l’Agenzia avrebbe dovuto adottare una diversa modalità di azione (rappresentata dallanotifica di un avviso di accertamento).

Verso questa posizione sembra del resto orientarsi la stessa Agenzia delle Entrate che, con la ris. n. 36/2018, ha chiarito che il credito di imposta artatamente creato e utilizzato in F24 deve essere recuperato con avviso di recupero ex art. 1 comma 421 della L. 311/2004; viceversa “laddove il credito inesistente da eccedenze d’imposta sia stato esposto in dichiarazione e successivamente utilizzato, si deve procedere unicamente con l’emissione degli atti tipici di accertamento in rettifica della dichiarazione, da notificarsi entro gli ordinari termini di decadenza”.