Nonostante la posizione dell’Agenzia delle Entrate in una risposta a interpello, si auspica un chiarimento definitivo

Di Luca MIELE

Il regime di tassazione dell’avviamento negativo in caso di cessione di azienda presenta ancora qualche dubbio interpretativo.

Il cosiddetto badwill emerge quando il prezzo pagato per l’azienda è inferiore alla differenza tra i valori delle attività e quelli delle passività e, secondo un primo orientamento, la sua valenza dovrebbe essere limitata all’ambito contabile, non assumendo invece rilevanza ai fini tributari. A tali fini, infatti, dovrebbe rilevare il solo costo di acquisto; peraltro il riconoscimento fiscale del badwill determinerebbe l’effetto di rivalutare fiscalmente il valore delle attività.

Tuttavia, la prassi amministrativa è di diverso avviso. Infatti, l’Agenzia delle entrate, nella risoluzione n. 184 del 2007, ha affermato, in relazione a una acquisizione di azienda tra soggetti OIC adopter, che il fondo rischi iscritto è da considerare come un fondo dedotto ai fini IRES e che assumono piena rilevanza i successivi utilizzi imputati a Conto economico.

In particolare, l’Agenzia ha sostenuto la rilevanza fiscale del fondo rischi – e dei corrispondenti maggiori valori dell’attivo – se viene accreditato direttamente al passivo dello Stato patrimoniale a seguito di valutazione, senza transitare per il conto economico. Ed è proprio quello che avviene in caso di acquisizione di azienda.

Quindi, da un lato è riconosciuto fiscalmente il fondo rischi e dall’altro si realizza la tassazione del medesimo man mano che si manifestano le perdite e si ha il “rilascio” al Conto economico. Analoga tassazione subisce il provento che il soggetto cessionario, giudicando non più fondate le originarie previsioni di realizzo di perdite civilistiche, dovesse imputare al Conto economico in relazione all’estinzione del fondo.

Secondo la risoluzione questo assetto costituisce una conseguenza del principio di derivazione, in assenza di una disciplina specifica nel TUIR. Secondo altro orientamento, che tuttavia perviene alla medesima conclusione dell’Agenzia, il motivo del riconoscimento fiscale del fondo non sarebbe da ricercare nel principio di derivazione ma nella circostanza che il fondo rappresenta una quota del costo fiscalmente riconosciuto dell’azienda, esattamente come tutte le altre attività e passività contabilizzate a fronte del corrispettivo.

Passando al caso di una acquisizione di azienda tra parti indipendenti IAS adopter, l’IFRS 3 prevede che l’acquirente iscriva l’azienda al maggior valore tra il costo e il fair value dell’azienda ceduta. Può pertanto accadere che l’azienda venga iscritta nella contabilità dell’acquirente ad un fair value superiore al costo sostenuto con contestuale iscrizione di un provento a conto economico (c.d. utile da buon affare).

In prima battuta si può affermare che i maggiori valori dell’azienda acquisita possono trovare comunque riconoscimento fiscale e che, corrispondentemente, il provento da buon affare rilevato dall’acquirente vada assoggettato a tassazione. Si applicherebbe cioè il principio di derivazione rafforzata, in assenza di deroghe specifiche. Deroga che non può essere rappresentata dalla circostanza che nella fattispecie si tratta di una valutazione – categoria esclusa dalla derivazione rafforzata – in quanto si è in presenza di un aspetto valutativo connesso a una qualificazione IAS rientrante a pieno diritto nella derivazione rafforzata (circolare n. 7 del 2011 dell’Agenzia delle Entrate). Peraltro, tale impostazione risulterebbe conforme a quanto già affermato dalla Agenzia nella indicata risoluzione n. 184/2007, seppure con riguardo ai soggetti OIC adopter.

Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate, in un interpello non reso pubblico concernente i soggetti IAS adopter, ha fornito una risposta di senso contrario; infatti, nel caso di acquisti a prezzi favorevoli disciplinato dal par. 34 dell’IFRS 3 è affermato che tanto il provento positivo imputato al Conto economico, quanto i plusvalori allocati sui beni dell’azienda acquisita si devono considerare irrilevanti agli effetti dell’IRES. Trova, quindi, riconoscimento fiscale solo il costo, con conseguente irrilevanza del provento.

I motivi addotti dall’Agenzia a fondamento di tale affermazione sono due: il primo è che nel sistema fiscale IAS esiste una deroga al principio di derivazione rafforzata recata dall’art. 4, comma 3 del DM 1 aprile 2009 n. 48 che riguarda le cessioni di azienda; il secondo è che l’iscrizione del provento in esame è fenomeno meramente valutativo che disapplica la derivazione rafforzata.

Il primo motivo, in verità, viene “contestato” da chi ritiene, anche sulla base della relazione illustrativa al decreto, che il richiamato art. 4, comma 3, riguardi unicamente le ipotesi di cessione di azienda under common control – che non ricadono nell’IFRS3 – e non anche quelle che avvengono tra parti indipendenti. E anche in merito al secondo motivo, abbiamo visto che il riferimento ai fenomeni valutativi risulta opinabile in quanto nelle acquisizioni di azienda i predetti fenomeni sono connessi intimamente con quelli qualificatori.

È auspicabile, pertanto, che il tema costituisca oggetto di un chiarimento definitivo da parte degli organi competenti.
Nessun dubbio, invece, dovrebbe sussistere circa l’irrilevanza fiscale del componente positivo di reddito imputato a Conto economico (c.d. bargain purchase) in caso di fusioni e scissioni in quanto per tali operazioni è confermata la neutralità fiscale per effetto del comma 2 del citato art. 4 del DM 48/2009.