In varie situazioni il termine del 23 novembre può però essere differito

Di Alfio CISSELLO

Dopodomani, 23 novembre 2018, scade il termine, per così dire, “ordinario”, entro cui definire gli inviti al contraddittorio e, in special modo, gli avvisi di accertamentonotificati entro il 24 ottobre 2018, non impugnati e ancora impugnabili a quella data.

Come sancisce l’art. 2 del DL 119/2018 – nelle more della conversione in legge, che potrebbe apportare modifiche al testo – il beneficio consiste nel solo stralcio di sanzioni e interessi, con obbligo di accettare qualsiasi rilievo inerente alle imposte. La definizione si concretizza nel semplice pagamento di tutte le imposte o della prima rata, senza necessità di inviare alcun tipo di comunicazione (salvo casi particolari come gli accertamenti di minor perdita, o per i redditi prodotti in forma associata, in merito ai quali, tuttavia, la definizione presenta vari dubbi applicativi).

È importante comprendere quali atti sono definibili ed entro quali termini.
Riguardo alla tipologia di atto, rientrano gli avvisi di accertamento, gli avvisi di recupero dei crediti d’imposta e gli avvisi di liquidazione, nella misura in cui, secondo la tesi delle Entrate, sia ammessa l’acquiescenza ai sensi dell’art. 15 del DLgs. 218/97.
Per prima cosa, vale come detto la data di notifica, quindi, secondo la censurabile interpretazione fornita dall’Agenzia delle Entrate nel provvedimento dello scorso 9 novembre, si guarda alla data di ricezione dell’atto, e non al momento, antecedente, di spedizione. Un atto ricevuto il 26 ottobre ma spedito il 24 (ultimo giorno utile) non è definibile.

Inoltre, deve trattarsi di atti non impugnati: se sono stati impugnati, comunque, c’è spazio per la definizione delle liti pendenti, con gli stessi benefici se il processo pende in primo grado, non essendoci ancora stata la sentenza.
Se l’atto non era più impugnabile al 24 ottobre scorso, si è esclusi dalla definizione. Si tratta di un’esclusione non da poco: ad esempio, un atto notificato il 19 luglio 2018 non è definibile, in quanto il termine per ricorrere è spirato il 18 ottobre 2018.

Se, invece, è stata presentata, entro il 23 ottobre 2018 e comunque prima del termine per il ricorso, istanza di adesione, la situazione cambia, posto che si ha una sospensione del termine per il ricorso di 90 giorni, che si aggiunge alla sospensione feriale dei termini(naturalmente, nelle sole ipotesi in cui, ai sensi dell’art. 6 del DLgs. 218/97, l’istanza è ammessa).
Lo stesso atto citato, notificato il 19 luglio, risulterebbe quindi definibile.

Ora, passiamo al termine per definire: per l’art. 2 comma 1 del DL 119/2018, il pagamento deve avvenire entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto (quindi entro il 23 novembre 2018) “o, se più ampio, entro il termine di cui all’articolo 15, comma 1, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, che residua dopo la data di entrata in vigore del presente decreto”.

Allora, se un accertamento è stato notificato il 20 settembre 2018, il termine per definire è il 23 novembre 2018 (il testo normativo ammette quindi la definizione anche quando l’atto è ormai definitivo). Invece, se la notifica è avvenuta il 28 settembre, il termine non è il 23 novembre ma quello, successivo, per il ricorso, quindi il 27 novembre.

Le Entrate, nel provvedimento dello scorso 9 novembre, hanno affermato che si tiene conto, anche ai fini del termine per definire, delle domande di adesione presentate sino al 23 ottobre 2018. Quindi, se un accertamento è stato notificato il 4 settembre 2018 e, prima del 24 ottobre 2018, è stata presentata istanza di adesione, grazie all’effetto sospensivo, il termine per il ricorso non scade il 23 novembre ma il 1° febbraio 2019.

Sulla base di quanto emerge dal provvedimento direttoriale del 9 novembre, per le Entrate le istanze di adesione presentate dal 24 ottobre 2018 e i ricorsi notificati dal 25 ottobre 2018 osterebbero alla definizione degli accertamenti.
Questa preclusione, in alcun modo prevista dalla norma, potrebbe, almeno si spera, essere oggetto di esame in sede di conversione del decreto.