Il DLgs. su crisi d’impresa e insolvenza, approvato ieri in esame preliminare dal Governo, riduce le soglie per l’obbligo di nomina dell’organo di controllo

Di Ermando BOZZA

L’estensione della revisione legale alle srl che, alla luce del DLgs. recante il Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza in attuazione della L. 155/2017, approvato dal Consiglio dei Ministri di ieri in esame preliminare, superano per due esercizi consecutivi almeno uno di tre parametri (2.000.000 di euro di ricavi netti; 2.000.000 di euro di totale attivo; dieci dipendenti occupati in media), avrà come effetto collaterale quello di chiamare in causa tante società la cui contabilità è gestita da professionisti esterni all’impresa. Tale circostanza si ripercuote inevitabilmente sullo svolgimento della revisione, sui rapporti tra la società e il professionista che la segue e sull’organizzazione dello studio professionale.

La circostanza che parte rilevante del processo di formazione del bilancio sia esternalizzata fa sì che il revisore debba applicare le regole contenute nel principio di revisione ISA (Italia) n. 402 “Considerazioni sulla revisione contabile di un’impresa che esternalizza attività avvalendosi di fornitori di servizi”. I servizi prestati dai professionisti per le piccole imprese – che vanno dalla tenuta della contabilità, alla gestione degli adempimenti fiscali e del lavoro, all’assistenza nella redazione del bilancio – fanno parte del sistema informativo dell’impresa assoggettata a revisione. Di conseguenza il revisore deve acquisire una comprensione della natura e della rilevanza dei servizi forniti dal professionista e del loro effetto sul controllo interno dell’impresa utilizzatrice sufficiente a valutare i rischi di errori significativi e definire e svolgere procedure di revisione appropriate a rispondere ai rischi identificati e valutati.

Il citato principio di revisione chiede al revisore di comprendere, tra l’altro, il livello di interazione tra l’attività del professionista e quella dell’impresa utilizzatrice nonché la natura del rapporto, ivi inclusi i relativi termini contrattuali. Rispetto a tali attività il revisore dovrebbe anche valutare la configurazione e messa in atto presso la società di controlli rilevanti riguardanti i servizi prestati dal professionista.

Nel caso fosse necessario, il revisore dovrà richiedere un’apposita relazione, definita dall’ISA (Italia) 402 come di “tipo 1”, sulla descrizione e sulla configurazione dei controlli presso il professionista (sistema organizzativo, obiettivi di controllo e relativi controlli configurati e messi in atto), che può estendersi fino all’efficacia operativa dei controlli stessi (cosiddetta relazione di “tipo 2”).

Il revisore deve, inoltre, svolgere indagini presso l’organo amministrativo della società assoggettata a revisione sul fatto che il professionista abbia comunicato eventuali frodi, non conformità alle norme di legge o errori non corretti che influiscono sul bilancio.

Fondamentale è il grado di interazione tra professionista e società, ossia la misura in cui quest’ultima è in grado di scegliere e di mettere in atto controlli efficaci sulle attività di elaborazione svolte dal professionista. Vale la pena sottolineare, al riguardo, che il fatto che dette attività siano esternalizzate non solleva gli amministratori della società dalle proprie responsabilità.

Un nodo critico nel rapporto professionista-piccole imprese è proprio la formalizzazione dell’interazione. Criticità che si presenta in tutta evidenza laddove lo studio rilevi sin dall’inizio le transazioni, le elabori, le contabilizzi e rediga il bilancio in assenza di procedure formali e di elementi probativi che mostrino il processo di stima seguito, soprattutto con riguardo alle voci di bilancio significative (si pensi, ad esempio, alla svalutazione dei crediti o alla stima delle passività potenziali, dove l’impresa raramente fornisce formalmente elementi informativi sufficienti al professionista). La prassi spesso consiste, infatti, nella fornitura ufficiale della sola prima nota contabile da parte del cliente.
Per quanto detto, è molto probabile che il revisore valuti, come scelta più efficace, quella di recarsi presso il professionista, ovvero di consultare le registrazioni tenute in formato elettronico dallo stesso, per svolgere specifiche procedure di revisione. È il professionista, infatti, che custodisce elementi significativi delle registrazioni contabili.

Di fronte alle citate peculiarità è innegabile che i professionisti dovranno gestire ricadute in termini sia di rivisitazione del mandato professionale che di organizzazione dello studio.
Nel mandato professionale sarà senz’altro opportuno disciplinare il caso in cui la società sia obbligata alla revisione prevedendo: le modalità, i tempi e i costi dell’accesso nei propri locali da parte dei revisori; l’eventuale rilascio di relazioni; un’appropriata formalizzazione dei flussi informativi; l’estensione dell’autonomia decisionale; le responsabilità reciproche.

Dal lato organizzativo bisogna, soprattutto, tendere a una maggiore standardizzazione dei servizi, all’implementazione di controlli real time sull’operato dello studio da parte del cliente (es. possibilità di visionare la contabilità e i documenti connessi da remoto, tramite specifiche password) e alla formalizzazione dei procedimenti di stima da parte degli amministratori.