Non si tiene conto che non tutti i contribuenti devono avere una casella di posta elettronica certificata

Di Alessandro BORGOGLIO

Con il DM 11 maggio 2018 del MISE, recentemente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, sono state stabilite le procedure e le modalità di effettuazione delle verifiche tecniche da parte dell’ENEA sugli interventi di risparmio energetico, che danno diritto a una cospicua detrazione d’imposta, variabile a seconda della tipologia di intervento (si veda “Al via le verifiche dell’ENEA sugli interventi di efficienza energetica” del 12 settembre 2018).

Era giusto e forse necessario imporre dei controlli di tipo tecnico e specialistico, anche con sopralluoghi in loco, sugli interventi di risparmio energetico, dal momento che gli stessi sono stati sino ad oggi verificati soltanto nell’ambito del controllo formale di cui all’art. 36-ter del DPR 600/1973, da parte del personale dell’Agenzia delle Entrate, ovvero nell’ambito di un controllo prettamente contabile sulla documentazione richiesta dal Fisco ed esibita dai contribuenti.

Eppure col DM 11 maggio 2018 del MISE sembra che non si sia tenuto conto del fatto che, proprio perché gli interventi in oggetto danno diritto a un’agevolazione largamente utilizzata dai contribuenti, coloro che se ne sono avvalsi non sono, in larga parte, operatori professionali, ma per lo più persone fisiche che, al momento degli interventi si sono avvalsi di professionisti abilitati per ottenere le relative certificazioni previste dalle leggi.

Prevedere oggi, con l’art. 3 del decreto, che quello stesso contribuente persona fisica debba necessariamente rispondere soltanto via PEC alle richieste documentali dell’ENEA, per lo più firmando digitalmente i file da trasmettere rigorosamente in pdf, pare forse eccessivo, se si considera che i contribuenti non esercenti attività d’impresa o di lavoro autonomo non sono tenuti ad avere una casella PEC, né tanto più la firma digitale.

È ben vero che il problema della PEC è facilmente aggirabile con la possibilità di ottenere gratuitamente una casella dall’INPS per le comunicazioni tra il cittadino e le Pubbliche Amministrazioni, ma resta il nodo della firma digitale, che è un servizio non ancora a buon mercato e che richiede anche un minimo di conoscenze tecniche per utilizzarlo.

Insomma, al di là dei controlli destinati a imprese e amministratori di condominio, che certamente sono dotati di PEC e firma digitale, si sarebbe potuto stabilire per le persone fisiche non imprenditori e lavoratori autonomi una modalità diversa di predisposizione e trasmissione della documentazione, che non implicasse necessariamente il ricorso a professionisti (se a suo tempo è stata da questi rilasciata una certificazione, la stessa deve essere dagli stessi firmata digitalmente e poi trasmessa via PEC) o l’attivazione individuale di servizi PEC e di firma elettronica del contribuente stesso, che magari serviranno soltanto in questa occasione; ad esempio, si sarebbe potuto prevedere, anche per le risposte all’ENEA, un canale analogo all’utilissimo CIVIS dell’Agenzia delle Entrate, utilizzato per le comunicazioni d’irregolarità, ma anche, non a caso, per le risposte alle richieste documentali afferenti ai controlli formali.

Resta, poi, il nodo degli “esiti negativi” dei controlli documentali e delle verifiche in loco di cui rispettivamente ai commi 2 e 6 dell’art. 4 del decreto, ovvero che cosa accade dopo che l’ENEA trasmette, a seguito di valutazione tecnica, la relazione negativa all’Agenzia delle Entrate, secondo quanto previsto al comma 7 dello stesso articolo?

È evidente che, a fronte di un PVC negativo dell’ENEA, l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate non potrà che disconoscere l’agevolazione, ma non è chiaro se ciò costituirà una sorta di automatismo, oppure se l’Ufficio inviterà prima il contribuente a contraddire nell’ambito della procedura di controllo formale.

Da evidenziare, peraltro, che, se i controlli dell’ENEA sono fatti sugli interventi conclusi entro il 31 dicembre dell’anno precedente (art. 2 comma 1 del decreto), con comunicazione dell’esito ai contribuenti entro 90 giorni dall’avvio della procedura (art. 4 comma 1 del decreto), l’Agenzia delle Entrate, probabilmente, non avrà nulla da disconoscere, perché i contribuenti sapranno l’esito del controllo ENEA, in molti casi, prima che l’Agenzia delle Entrate proceda al controllo formale, potendo quindi avvalersi del ravvedimento operoso.

Resta il punto fermo, ovviamente, della possibilità di esperire comunque il ricorso in Commissione tributaria per ogni avviso di accertamento dell’Ufficio, anche emesso a seguito di controllo dell’ENEA.