Il reato non sussiste, in quanto l’inadempimento è causato dall’osservanza delle disposizioni concorsuali poste a tutela della par condicio creditorum

Di Michele BANA

L’art. 10-bis del DLgs. 74/2000 stabilisce che è punito con la reclusione, da sei mesi a due anni, chiunque non versa – entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale dei sostituti d’imposta (modello 770) – le ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a 50.000 euro per ciascun periodo d’imposta. Tale disposizione è applicabile, in virtù dell’espresso richiamo operato dal successivo art. 10-ter, anche a chiunque non versa l’IVA, dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine di pagamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo.

Con riferimento a tali due norme, la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 16/2018 (§ 4), ha ricordato quanto sostenuto dalla sentenza della Cassazione n. 35786/2017: “L’ammissione alla procedura di concordato preventivo, seppure antecedente alla scadenza del termine previsto per il versamento dell’imposta, non esclude il reato in relazione al debito IVA scaduto e da versare” (Cass. nn. 12912/201644283/2013 e 39101/2013).

Era, infatti, necessario, secondo tale giurisprudenza di legittimità, che l’accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 182-bis L. fall.), ovvero la transazione fiscale di cui all’art. 182-ter L. fall., prevedessero espressamente la dilazione del pagamento del debito tributario ad epoca successiva alla scadenza del termine previsto dagli artt. 10-bis e 10-ter del DLgs. 74/2000, e che l’omologazione intervenisse prima di tale data: “Solo in tal caso, l’omologazione dell’accordo determinerebbe la modifica di un elemento strutturale della fattispecie penale, quale conseguenza di un provvedimento giurisdizionale, tale da incidere sulla sussistenza del reato al momento della scadenza in esso prevista”.

Il suddetto orientamento è stato, poi, superato dalla successiva sentenza della Cassazione n. 52542/2017, secondo cui – essendo venuto meno l’obbligo inderogabile di pagamento integrale dell’IVA – il reato previsto dall’art. 10-ter del DLgs. 74/2000 non sussiste, qualora l’omesso versamento si sia verificato dopo l’ammissione del debitore alla procedura di concordato preventivo. Sarebbe, infatti, contraddittorio ritenere la persistente vigenza dell’obbligo di versamento integrale della passività IVA nonostante l’intervenuta ammissione del debitore ad una procedura di concordato preventivo, avente inequivocabile valore pubblicistico.

A parere della Suprema Corte, questa incompatibilità tra norme concorrenti di valore ed efficacia può e deve essere risolta nel senso dell’insussistenza del reato, a cui potrebbe giungersi sotto diversi profili:
– l’assenza dell’elemento soggettivo che anima la condotta;
– l’insussistenza dell’elemento materiale, costituito dal venire meno dell’obbligo di versamento al di fuori della procedura concorsuale;
– la possibile applicazione della causa di giustificazione di cui all’art. 51 del codice penale, in virtù del quale “L’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità, esclude la punibilità”;
– l’adempimento, da parte del debitore concordatario, del dovere di non effettuare pagamenti relativi a crediti sorti anteriormente alla procedura.

Nel caso di specie, la pronuncia della Cassazione n. 52542/2017 aveva posto in rilievo che l’indagato si era trovato di fronte ad una situazione in cui, da una parte, a seguito dell’avanzata richiesta di concordato preventivo, era stato destinatario di un ordine del giudice che gli prescriveva di non pagare crediti sorti in data anteriore alla proposta di concordato del 2 luglio 2015 – fra cui il credito tributario costituito dall’importo dovuto per l’IVA dichiarata nell’anno 2015 – e, dall’altra, l’art. 10-ter del DLgs. 74/2000 gli imponeva l’obbligo di pagare il debito IVA entro la data del 28 dicembre 2015, ma se così avesse fatto avrebbe violato l’ordine del giudice e le norme poste a tutela della par condicio.

Sotto il profilo sanzionatorio amministrativo, si ricorda, infine, che la Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia, con la sentenza n. 137/2018, ha stabilito che il mancato pagamento – dopo il deposito del ricorso di concordato preventivo “con riserva” (art. 161, comma 6 del RD 267/1942) – costituisce una causa di non punibilità per forza maggiore, ai sensi dell’art. 6 del DLgs. 472/1997, anche nel caso di successiva rinuncia alla domanda (si veda “Omessi versamenti non sanzionabili con il concordato «in bianco»” del 30 luglio 2018).