Secondo la DRE Piemonte, se gli immobili sono detenuti da più di cinque anni non si genera alcun effetto impositivo per il socio

Di Gianluca ODETTO e Stefano SPINA

Con la risposta all’istanza di interpello n. 901-526/2017, la Direzione regionale del Piemonte dell’Agenzia delle Entrate ha chiarito che lo scioglimento di una società semplice che detiene immobili da più di cinque anni con assegnazione degli immobili stessi ai propri soci non genera fenomeni di tassazione diretta.
Il documento replica, di fatto, il contenuto della risposta fornita dalla Direzione regionale della Lombardia all’istanza di interpello n. 904-91/2013, ponendo quindi le basi per un pronunciamento su base nazionale che consenta una gestione più “serena” della fattispecie (in molti casi, infatti, lo scioglimento delle società semplici immobiliari viene rimandato sine die per timori di accertamenti di redditi in natura di ingente ammontare sui soci).

Il percorso argomentativo della DRE Piemonte riprende quello su cui, negli ultimi anni, si è trovato un punto di convergenza di fatto condiviso: lo scioglimento della società semplice con assegnazione di beni ai soci genera un reddito che, dal punto di vista qualitativo, deve essere classificato nella categoria corrispondente a quella tipica dei beni posseduti dalla società.

Il principio trae origine dall’indicazione che la stessa Agenzia delle Entrate aveva a suo tempo esplicitato nella circolare n. 6/2006, secondo cui i redditi che derivano dalla liquidazione di società di persone non costituiscono categoria reddituale a se stante, ma assumono la natura della categoria reddituale da cui traggono origine. Da questo principio la circolare faceva conseguire la natura di reddito d’impresa del reddito conseguito dai soci a seguito del recesso da snc o sas, o della liquidazione di tali società, in quanto per presunzione assoluta i beni appartenenti alle snc e alle sas sono beni appartenenti all’impresa; traslando gli stessi criteri nel contesto della società semplice si è, quindi, fatta strada l’ipotesi (che ora vede, quindi, già due conferme espresse di Direzioni regionali diverse) per cui i redditi derivanti dal recesso da società semplice o dalla liquidazione della società assumono una natura diversa a seconda dei beni posseduti dalla società semplice.

Seguendo l’impostazione sin qui prospettata, la DRE Piemonte chiarisce che, se la società semplice detiene immobili (diversi dalle aree fabbricabili) da più di cinque anni, così come non sarebbero imputabili per trasparenza i plusvalori se la società procedesse essa stessa al realizzo, allo stesso modo non sussiste obbligo di dichiarare il reddito da parte del socio all’atto del recesso o della liquidazione, in quanto esso rientrerebbe nella categoria reddituale delle plusvalenze non imponibili a norma dell’art. 67 comma 1 lett. b) del TUIR; nell’ipotesi di assegnazione di tali beni, quindi, non esiste alcuna forma di imputazione per trasparenza del reddito di partecipazione in capo ai soci, in quanto non sussiste alcun presupposto impositivo in capo alla società.

Esente anche la cessione dell’immobile a terzi

Un’altra questione di rilievo messa in evidenza dalla risposta della DRE Piemonte all’istanza di interpello n. 901-526/2017, che anche in questo caso replica quanto già evidenziato nella risposta della DRE Lombardia all’istanza di interpello n. 904-91/2013, riguarda l’ipotesi alternativa all’assegnazione diretta dell’immobile in sede di liquidazione. Viene, infatti, chiarito che non è tassata non solo l’attribuzione “diretta” al socio dell’immobile posseduto da più di cinque anni in sede di scioglimento della società semplice, ma anche la cessione dello stesso immobile da parte della società semplice e l’attribuzione del ricavato al socio in sede di scioglimento. La natura di reddito non tassato, in altre parole, è comune ai maggiori valori degli immobili attribuiti direttamente ai soci e alle somme che la società semplice ha incassato con la vendita a terzi e ha attribuito ai soci in sede di liquidazione.

In estrema sintesi, quindi, si può sostenere che, nonostante non esista nell’art. 67 del TUIR una norma che preveda il presupposto impositivo in capo alla società semplice per l’assegnazione (a differenza di quanto, invece, disposto dall’art. 86 per le operazioni effettuate dalle società commerciali), l’operazione è trattata alla stregua di una cessione a titolo oneroso, con conseguente tassazione parametrata non al corrispettivo, che chiaramente non sussiste, ma al valore normale (valore normale dal quale occorre sottrarre, a norma dell’art. 20-bis del TUIR, il costo della partecipazione annullata).
Ciò posto, se non si rientra in ipotesi di esenzione (è il caso, ad esempio, delle società semplici che detengono partecipazioni, o aree fabbricabili, o immobili posseduti da non oltre cinque anni), l’assegnazione è tassata, al pari di quanto avviene per la cessione diretta di tali beni, mentre se si rientra in ipotesi di esenzione (come accade per la stragrande maggioranza delle società semplici immobiliari, titolari di immobili diversi dalle aree fabbricabili da più tempo), l’operazione avviene senza alcuna attribuzione di redditi in natura in capo al socio.