La regola non vale per i finanziamenti infragruppo infruttiferi

Di Luca FORNERO

Per i soggetti che adottano il principio di derivazione rafforzata, il valore fiscale del credito in base al quale calcolare l’importo delle svalutazioni (ex art. 106 comma 1 del TUIR) e delle perdite (ex art. 101 comma 5 del TUIR) deducibili è quello desunto dalla corretta applicazione del criterio del costo ammortizzato.
È l’importante precisazione resa dall’Agenzia delle Entrate nel corso di Telefisco 2018.

Nessun dubbio vi è mai stato sul fatto che il richiamato principio di derivazione rafforzata comporti il riconoscimento fiscale del differenziale tra valore nominale e valore attuale del credito.
Infatti, ai sensi dell’art. 2 comma 3 del DM 1° aprile 2009 n. 48, i limiti alle svalutazioni deducibili di cui all’art. 106 comma 1 del TUIR non si applicano alle differenze emergenti dalla prima iscrizione dei crediti ivi previsti.
La Relazione illustrativa al decreto precisa, al riguardo, che la prima iscrizione dei crediti ad un valore divergente da quello nominale (più alto o più basso), che (secondo quanto previsto dal documento OIC 15) tiene conto dell’attualizzazione dei flussi finanziari sulla base del tasso di interesse effettivo (ovvero di mercato, se divergente), non è l’espressione di un criterio di valutazione, ma di una qualificazione, che, quindi, deve essere riconosciuta come tale ai fini fiscali.

In questo senso, la norma prevede che non possa applicarsi a queste qualificazioni la disciplina dell’art. 106del TUIR, che attiene, invece, ai profili valutativi e che si rende (obbligatoriamente, viceversa) applicabile alle valutazioni successive (alla prima iscrizione) dei crediti, in quanto le stesse sono direttamente collegate al rischio di insolvenza del debitore.
In altri termini, con riferimento agli effetti fiscali della prima iscrizione dei crediti, il differenziale (negativo) emerso non deve sottostare ai limiti di deducibilità imposti dall’art. 106 del TUIR.
L’art. 2 comma 1 lett. a) n. 1) del DM 3 agosto 2017 ha stabilito che tale disposizione (dettata per i soggetti IAS) si applica anche con riferimento ai soggetti, diversi dalle micro imprese, che redigono il bilancio in conformità alle disposizioni del codice civile.

Fermo restando che i limiti alla deducibilità fiscale dettati dall’art. 106 comma 1 del TUIR rimangono validi anche a seguito dell’introduzione, ad opera del DL 244/2016 convertito, del principio di derivazione rafforzata (circ. Agenzia delle Entrate n. 7/2011, § 3.4), non appariva invece chiaro su quale ammontare andassero calcolate le svalutazioni deducibili, dal momento che la norma continua a richiamare il “valore nominale o di acquisizione” del credito.
Come sopra riportato, l’Agenzia si è pronunciata per la rilevanza del valore risultante dall’applicazione del criterio del costo ammortizzato. Così, sempre per via del principio di derivazione rafforzata (ex art. 83comma 1 del TUIR), il valore contabile della perdita assume rilievo anche ai fini fiscali.
La posizione dell’Agenzia appare conforme a quella della circ. Assonime n. 14/2017 (parte II, § 2.3.2).

L’Agenzia ricorda, infine, che tale impostazione non vale nell’ipotesi di finanziamenti infragruppoinfruttiferi o a tassi “significativamente” diversi da quelli di mercato con rilevazione di componenti a Stato patrimoniale. In questo caso, infatti, si applica l’art. 5 comma 4-bis del DM 8 giugno 2011, che implica la sterilizzazione, ai fini fiscali, degli effetti derivanti dalla contabilizzazione dei finanziamenti in esame al costo ammortizzato, con il risultato che valore nominale (o di acquisizione) e valore fiscale del credito continuano a coincidere.