Per la Regionale di Milano, la circolare n. 42/2016 opera anche per l’IVA

Di Alfio CISSELLO

In ambito accertativo, è ormai assodato che l’infedele dichiarazione, tanto ai fini delle imposte sui redditi quanto ai fini IVA, impedisce l’irrogazione delle sanzioni da omesso versamento ex art. 13 del DLgs. 471/97. Si allude, in breve, a ciò che il contribuente avrebbe dovuto pagare qualora avesse presentato la dichiarazione correttamente.

La ragione di ciò è puramente tecnica, ed è a nostro avviso non proprio corretto parlare di assorbimento dell’omesso versamento nell’ambito della più grave violazione dichiarativa, in quanto si tratta di due violazioni che hanno presupposti differenti.

Si ha infedele dichiarazione quando il contribuente presenta una dichiarazione che, per i più svariati motivi (errata determinazione di regimi fiscali, costi non inerenti, ricavi non dichiarati e così via), termina con un’imposta minore rispetto a quella dovuta, oppure con un credito utilizzato maggiore rispetto allo spettante (artt. 1 e 5 del DLgs. 471/97).
Di contro, il tardivo versamento ex art. 13 del DLgs. 471/97, nell’ambito delle imposte richiamate, si verifica quando il contribuente dichiara un certo ammontare di imposta ma poi ne omette il versamento, facendo così scattare la liquidazione automatica.

Quanto detto vale di certo nel ravvedimento operoso, sicché il contribuente, nel momento in cui ravvede la dichiarazione infedele, paga le imposte, gli interessi legali e le sanzioni del 90% ridotte a seconda dell’elemento temporale.
La circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 42/2016, come meglio si dirà, non brilla per chiarezza su tale aspetto. Tuttavia, nello stesso documento di prassi ciò è stato affermato per la dichiarazione dei redditi: al § 3.1.1, esplicitamente si sostiene che la violazione dichiarativa assorbe l’omesso versamento.

Lo stesso si dovrebbe dire per la dichiarazione IVA, che, almeno per diversi aspetti, è una sorta di riepilogo di quanto deriva dalle registrazioni e dalle liquidazioni periodiche.
Ci sono però i versamenti periodici (mensili o trimestrali) a complicare le cose. Sin dalla C.M. n. 192/1998, proprio per tale ragione, l’Amministrazione finanziaria ha trattato gli omessi versamenti dell’IVA periodica alla stregua di violazioni prodromiche alla dichiarazione (si pensi alle violazioni sulla fatturazione, sulla registrazione e sulla detrazione), da sanare in sede di ravvedimento operoso, negando quindi la tesi dell’assorbimento.
Tesi, questa, ribadita nella circolare 19 febbraio 2015 n. 6, § 10.1.

Ci si può chiedere a questo punto se la circolare n. 42 del 2016 abbia comportato un cambio di rotta per l’IVA.
Per come è formulata la circolare, come anticipato non chiarissima su detto punto, si potrebbe fornire risposta negativa, siccome dal contesto complessivo sembra riguardare le sole imposte sui redditi.

Ma la prassi del 2015 va in senso opposto

Tuttavia, a diverse conclusioni è pervenuta la Commissione tributaria regionale di Milano n. 3045/2/17 del 10 luglio 2017.
Ad avviso dei giudici, la circolare n. 42 depone nel senso di ritenere assorbito l’omesso versamento dell’IVA periodica nell’infedeltà dichiarativa.

I giudici sanciscono: “In sostanza, non va affatto eseguito il ravvedimento anche per la violazione «indotta» del mancato pagamento del tributo, ma solamente di quella originaria dell’infedeltà dichiarativa. Questo principio deve portare alla conclusione che ogni qual volta viene regolarizzata la violazione prodromica, quella «indotta», relativa al versamento, non è da regolarizzare”.

Per concludere, la tesi opposta all’assorbimento non può richiamare la “speciale” procedura, descritta anch’essa nella circolare n. 42 del 2016, relativa al ravvedimento sulla dichiarazione infedele nei novanta giorni, in cui le Entrate, equiparando la dichiarazione infedele ad una dichiarazione inesatta, richiedono il ravvedimento sui versamenti.
Si tratta di interpretazione priva di dato normativo, suggerita dalle Entrate per favorire coloro i quali si ravvedono entro i novanta giorni.