Di Maurizio MEOLI

Tra gli aspetti problematici dei provvedimenti di sequestro (e di confisca) in relazione a reati tributari si pone la questione dell’incidenza su di essi dell’intervenuta estinzione del reato (in particolare, per prescrizione). Come evidenziato dalla circ. n. 1/2018 del Comando generale della Guardia di Finanza, infatti, l’estinzione del reato genera effetti diversi sulla misura disposta sul patrimonio dell’indagato/imputato a seconda che il sequestro sia stato disposto nella forma diretta (o specifica) o per equivalente (o di valore).

Nel caso in cui sia stato disposto un provvedimento cautelare finalizzato alla confisca per equivalente, l’orientamento assolutamente prevalente (Cass. nn. 18799/2013 e 21192/2013), in ragione del carattere afflittivo e sanzionatorio di tale istituto, ritiene che l’estinzione del reato, in qualsiasi sua forma (per intervenuta prescrizione, morte del reo, amnistia, ecc.), travolga sempre il vincolo reale già apposto; di conseguenza, i beni sottoposti a sequestro vanno restituiti al reo.

Diversa si presenta la situazione con riguardo alla confisca diretta, quale misura di sicurezza, dove si registra un contrasto.
Un primo orientamento ha affermato che l’estinzione del reato precluderebbe la confisca delle cose che ne costituiscono il prezzo, prevista come obbligatoria dall’art. 240 secondo comma n. 1 c.p., mettendo in evidenza come la misura di sicurezza patrimoniale presupponga necessariamente la condanna, giacché solo da essa può scaturire l’accertamento circa il peculiare collegamento che intercorre tra le cose che costituiscono il prezzo del reato e il reato stesso (Cass. SS.UU. n. 38834/2008 e Cass. nn. 12325/2010 e 8382/2011). Altro orientamento, invece, ha riconosciuto la possibilità di applicare la confisca obbligatoria a norma dell’art. 240 secondo comma n. 1 c.p., nell’ipotesi di estinzione del reato, facendo leva sul combinato disposto degli artt. 210 e 236 c.p.; vale a dire sulle disposizioni dedicate in modo specifico alle misure di sicurezza e che, in relazione alla confisca, prevedono una deroga al principio stabilito dall’art. 210 c.p., secondo cui l’estinzione del reato impedisce l’applicazione della misura di sicurezza (Cass. nn. 39756/2011 e 32273/2010).

Le Sezioni Unite n. 31617/2015, nel dirimere tale contrasto, hanno stabilito che il giudice, nel dichiarare l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, può applicare la confisca del prezzo del reato (art. 240 comma 2 n. 1 c.p.) e la confisca del prezzo o del profitto (art. 322-ter c.p.), sempre che questa sia diretta e vi sia stata una precedente pronuncia di condanna. In particolare, nel riprendere i principi fissati dalla Corte Costituzionale n. 49/2015, si è sostenuto come, nell’ipotesi di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, possa essere comunque disposta la confisca diretta del prezzo o del profitto del reato a condizione che vi sia stata una precedente pronuncia di condanna e che l’accertamento relativo alla sussistenza del reato, alla responsabilità penale dell’imputato e alla qualificazione del bene da confiscare come prezzo o profitto sia rimasto inalterato nel merito nei successivi gradi di giudizio.
Ciò tenuto conto della natura propria della confisca diretta come misura di sicurezza, cui non va garantita l’applicazione del principio di legalità, richiamato dall’art. 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Tale indirizzo esegetico, sottolinea dunque la circ. n. 1/2018 del Comando generale della Guardia di Finanza, apre, al ricorrere dei citati presupposti, alla confiscabilità dei beni oggetto di sequestro in via diretta nel caso di reati tributari (disponibilità liquide e beni surrogati) pure in presenza di una sentenza che, non assolvendo nel merito l’imputato, dichiari l’intervenuta prescrizione del fatto reato al medesimo ascritto.

Tali conclusioni non possono invece trovare applicazione nell’ipotesi della confisca per equivalente, stante la sua natura sanzionatoria. Essa, infatti, viene ad assolvere una funzione sostanzialmente ripristinatoria della situazione economica, modificata in favore del reo dalla commissione del fatto illecito, mediante l’imposizione di un sacrificio patrimoniale di corrispondente valore a carico del responsabile, ed è, pertanto, connotata dal carattere afflittivo e da un rapporto consequenziale alla commissione del reato proprio della sanzione penale, mentre esula dalla stessa qualsiasi funzione di prevenzione che costituisce la principale finalità delle misure di sicurezza.

Si tenga presente, infine, che la pronuncia n. 168/2018 ha recentemente sottolineato la necessità di tenere in considerazione l’intervenuta prescrizione dei reati anche in relazione all’ipotesi in cui a essere disposto, con riguardo a fattispecie penali tributarie, sia la misura del “sequestro conservativo”, che esplica una funzione cautelare a tutela dei diritti derivanti dalle statuizioni civili di condanna al risarcimento del danno, nonché derivanti dalle statuizioni della futura sentenza civile di condanna al pagamento della somma liquidata quale ammontare del risarcimento. È stata, quindi, annullata con rinvio la decisione di merito che aveva totalmente disatteso la valutazione dei reati prescritti nella quantificazione della somma da vincolare (cfr. anche Cass. n. 9851/2015).