Successivamente all’impugnazione è possibile approvare il bilancio dell’esercizio successivo

Di Maurizio MEOLI

La disciplina dell’impugnazione del bilancio d’esercizio è tra i temi di diritto societario maggiormente affrontati dai giudici di merito. Ne sono ulteriore conferma due recenti sentenze del Tribunale di Milano (le nn. 8567 e 8652 del 2017).

Nella sentenza n. 8652/2017 i giudici milanesi ricordano come il bilancio assolva a una funzione rappresentativa della situazione patrimoniale e finanziaria della società cui si riferisce, nonché del suo risultato economico al termine dell’esercizio, tale da fornire ai soci e ai terzi una dettagliata illustrazione di tutte le informazioni che il legislatore ha ritenuto di prescrivere attraverso gli artt. 2423 e ss. c.c.
L’interesse del socio – che lo legittima a impugnare la delibera approvativa di un bilancio a suo dire redatto in violazione delle prescrizioni legali – non dipende tanto dal venir meno della sua aspettativa a ottenere una quota degli eventuali utili o, comunque, un immediato vantaggio patrimoniale, ma nasce piuttosto dal fatto che la scarsa chiarezza o la mancanza di veridicità del bilancio non gli permette di avere tutte le informazioni circa elementi capaci di incidere sul valore della propria quota di partecipazione, con ciò impedendogli di compiere scelte informate in ordine alla gestione della stessa (cfr. Cass. n. 23976/2004).

Da tali presupposti discendono due conseguenze. La prima è l’irrilevanza, rispetto a domande di invalidità della delibera di approvazione del bilancio, di deduzioni incentrate su illeciti perpetrati dagli amministratori – seppur lesivi dell’integrità e del valore del patrimonio sociale – se svincolate da precise allegazioni in ordine alla loro rappresentazione in bilancio.
La seconda è che la parte che impugna la delibera di approvazione del bilancio di esercizio, lamentando che il documento contabile sia privo di chiarezza, veridicità e correttezza, ha l’onere di indicare esattamente le singole poste in tesi iscritte in bilancio in violazione delle norme vigenti, nonché di enunciare specificamente in che cosa consistano i lamentati vizi del bilancio impugnato; spettando poi al giudice, nella valutazione circa la fondatezza della domanda, logicamente successiva al vaglio sulla sussistenza del preliminare interesse della parte all’impugnazione, esaminare le singole poste e verificarne la conformità ai precetti legali (cfr. Cass. nn. 6616/2015 e 11554/2008).
Va, quindi, rigettata una domanda di annullamento connotata da censure strutturate in termini del tutto generici, astratti e sommari, concentrate più su atti gestori asseritamente negligenti e dannosi, che non su singole poste di bilancio.

Il Tribunale di Milano n. 8567/2017, poi, sottolinea come il preventivo deposito del progetto di bilancio (e dei relativi allegati), ex art. 2429 comma 3 c.c., tuteli il diritto di partecipazione del socio all’assemblea di approvazione. Diritto che può essere effettivamente esercitato solo dal socio che abbia avuto a disposizione un periodo di tempo ragionevole per l’esame completo del progetto da approvare in sede assembleare. Il termine del quale deve disporre il socio per l’esame del progetto di bilancio prima dell’assemblea è definito dal legislatore in quindici giorni, e la sua violazione comporta un’illegittima compressione del diritto di partecipazione del socio, con annullabilità della relativa delibera.

Rispetto all’invalidità derivante da tale omissione non presenta alcun rilievo il fatto che il socio impugnante abbia poi approvato il bilancio dell’esercizio successivo. L’art. 2434-bis comma 1 c.c., per cui la delibera di approvazione del bilancio non può essere proposta dopo che è avvenuta l’approvazione del bilancio dell’esercizio successivo, si limita a introdurre un termine di decadenza delle impugnazioni delle delibere assembleari e non disciplina le impugnazioni già proposte nei confronti di precedenti delibere di approvazione del bilancio.

Depongono in tal senso il tenore letterale della norma (per cui le azioni non possono essere “proposte”), nonché la considerazione per cui, diversamente, dovrebbe ritenersi che il socio, dopo avere impugnato la delibera di approvazione del bilancio, non possa partecipare per anni all’approvazione dei bilanci dei successivi esercizi, con ulteriore nocumento per i suoi diritti di partecipazione.
Né la delibera di approvazione del bilancio successivo può ritenersi sostitutiva, ai sensi dell’art. 2377 comma 8 c.c., di quella di approvazione del bilancio precedente, permanendo la violazione del diritto di partecipazione del socio alla precedente assemblea, e comunque riferendosi le due delibere a due distinti esercizi sociali.

E neppure presenta alcun rilievo il fatto che la delibera di approvazione del bilancio noncagioni alcun danno al patrimonio sociale. L’art. 2429 comma 3 c.c. tutela, infatti, solo il diritto di partecipazione del socio, e non il patrimonio sociale, la cui lesione o meno costituisce elemento irrilevante ai fini della valutazione della legittimità della delibera.
In tal senso è emblematico il confronto con altre norme, come, ad esempio, l’art. 2373comma 1 c.c., ove, diversamente da quanto accade per la violazione dei termini di cui all’art. 2429 comma 3 c.c., la deliberazione adottata con il voto determinante del socio in conflitto di interessi è impugnabile solo qualora possa recare danno alla società.