Per la normativa vista alla luce del Ddl. di bilancio, in capo al trust opaco si applicherà l’IRES del 24% in luogo della ritenuta del 26%

Di Ennio VIAL

L’art. 88 del disegno di legge di bilancio 2018 riscrive la disciplina dei dividendi di cui all’art. 47 e delle plusvalenze di cui all’art. 67 del TUIR. In sostanza si prospetta un’equiparazione della tassazione delle componenti reddituali (dividendi e plusvalenze) relative alle partecipazioni qualificate e non qualificate.
Il comma 8 dell’art. 88 prevede altresì una sorta di disciplina transitoria che risulta tuttavia di incerta interpretazione (si veda “Dividendi e capital gain con tassazione unica al 26%” del 2 novembre).

Limitandoci in questa sede a esaminare la questione dei dividendi, emerge da subito come l’art. 88 del Ddl. intervenga sull’art. 47 del TUIR abrogando il primo comma, che prevedeva la tassazione parziale dei dividendi da partecipazioni qualificate, ed estendendo la ritenuta del 26%, prevista dall’art. 27 comma del 1 DPR 600/73, anche alle partecipazioni qualificate.
Nessuna modifica viene apportata all’art. 59 del TUIR, relativo ai dividendi da partecipazioni detenute da un imprenditore individuale nella sfera di impresa o da una società di persone dove continua a operare la tassazione sulla quota del 40%, 49,72% o 58,14% a seconda del periodo di maturazione dei dividendi.

Anche la società semplice continua a essere esclusa dalla ritenuta alla fonte del 26%, atteso che anche la formulazione nuova dell’art. 27 del DPR 600/73 ne prevede l’applicazione solo in relazione a persone fisiche.
Resta fuori dalla novella anche il regime fiscale dei dividendi percepiti da un trust. Da un lato, come già segnalato, l’art. 27 prevede l’applicazione della ritenuta del 26% solo in relazione alle persone fisiche, dall’altro non è stata operata alcuna modifica all’art. 4 del DLgs. 344/2003.

La lettera q) stabilisce che fino a quando, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. a) della L. 7 aprile 2003 n. 80, non verrà attuata l’inclusione, tra i soggetti passivi dell’imposta sul reddito, degli enti non commerciali di cui all’art. 73, comma 1, lett. c), gli utili percepiti dagli enti stessi non concorrono alla formazione del reddito imponibile, in quanto esclusi, nella misura del 22,26% del loro ammontare.

La previsione va vista in relazione all’art. 1 comma 2 del DM 26 maggio 2017, che prevede la tassazione integrale dei dividendi percepiti dal trust, fatta salva, dal successivo comma 3, la tassazione sul 77,74% per gli utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2016.
Il quadro che ne esce porta a un favor per il trust. Infatti, l’equiparazione dei dividendi qualificati ai non qualificati determina un maggiore livello impositivo. Se la società di capitali determina un utile di 100 che consideriamo per comodità pari al reddito imponibile, l’IRES al 24% determinerà un dividendo in capo al socio pari a 76. Applicando a questo la ritenuta del 26% si otterrà un prelievo pari a 19,76, per una tassazione complessiva pari al 43,76% del reddito della società.

Nel caso del trust, invece, in luogo della ritenuta del 26% si applicherà l’IRES del 24% in capo al trust opaco. L’importo calcolato ammonta a 18,24 per un carico fiscale complessivo del 42,24%.
Se, al contrario, il trust fosse trasparente, il 100% del dividendo verrebbe imputato ai beneficiari che sconterebbero l’IRES per trasparenza e il prelievo fiscale sarebbe soggetto a maggiore variabilità.
Analoghe considerazioni valgono anche in relazione ai dividendi provenienti dall’estero. Anche in questo caso, fatta salva l’ipotesi dei dividendi paradisiaci che scontano tassazione IRPEF integrale, le persone fisiche li assoggetteranno all’imposta sostitutiva del 26%.

Tuttavia, stante l’orientamento dell’Agenzia, da ultimo ribadito nella circ. n. 9/2015, non sarà possibile scomputare dall’imposta sostitutiva il credito a fronte della ritenuta subita all’estero.
Il trust, invece, con la sua tassazione integrale, non solo consentirà il risparmio connesso al fatto che l’IRES è più bassa della ritenuta del 26%, ma permetterà altresì il recupero delle imposte pagate all’estero sui dividendi in uscita.

Il trust deve essere usato per finalità meritevoli di tutela

È appena il caso di ricordare come l’istituto del trust debba essere utilizzato per perseguire finalità meritevoli di tutela quali, ad esempio, la gestione ordinata del passaggio generazionale e non meramente per conseguire risparmi d’imposta.
La struttura, infatti, non può essere implementata per meri fini fiscali dovendo avere finalità ulteriori rispetto a quella puramente fiscale.