La norma recata dall’art. 44 del DPR 131/86 esclude la rettifica per l’esecuzione forzata se la base imponibile è il prezzo di aggiudicazione

Di Anita MAURO

Ci si domanda se, nel caso di trasferimento di immobili nell’ambito di procedure concorsuali, con particolare riferimento al concordato, i poteri di rettifica di valore dell’Amministrazione finanziaria siano quelli abituali o subiscano particolari eccezioni.

Il punto di partenza della nostra analisi è costituito dall’art. 44 del DPR 131/86, che prevede una deroga al principio generale secondo cui, ai fini dell’imposta di registro, la base imponibileva definita, per gli atti traslativi di immobili, nel valore venale del bene trasferito (art. 51 del DPR 131/86).
In particolare, tale norma prevede (tra il resto) che, con riferimento alle vendite di beni mobili e immobili operate “in sede di espropriazione forzata ovvero all’asta pubblica e per i contratti stipulati o aggiudicati in seguito a pubblico incanto”, la base imponibile dell’imposta di registro sia costituita dal prezzo di aggiudicazione.

In queste ipotesi, quindi, il Fisco non può rettificare il valore dichiarato dalle parti secondo i parametri dell’art. 52 del DPR 131/86 (cfr. Cass. n. 15948/2014; si veda “Il Fisco non può rettificare il valore dell’immobile all’asta” del 16 luglio 2014), in quanto, in virtù del contesto in cui le cessioni vengono realizzate (si tratta di procedure che avvengono sotto il controllo di un’autorità giudiziaria o amministrativa), si può presumere che il prezzo dichiarato (ovvero il prezzo di aggiudicazione) corrisponda al prezzo di mercato. È, dunque, precluso l’accertamento dell’eventuale maggior valore venale del bene.

Per quanto concerne l’ambito di applicazione di questa regola eccezionale, l’art. 44 fa riferimento a: espropriazione forzata, asta pubblica, pubblico incanto. In proposito, nella circ. n. 54/2007, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che l’art. 44 può applicarsi solo:
– da un lato, alle vendite effettuate nell’ambito del procedimento di espropriazione forzata (come disciplinato dagli artt. 570 e ss. c.p.c.);
– dall’altro, alle “stipulazioni o aggiudicazioni di contratti che si svolgono – al di fuori del procedimento di espropriazione forzata – con la specifica modalità dell’asta pubblica o pubblico incanto, che sono procedure di selezione ad evidenza pubblica, dirette da pubblici ufficiali o da persone legalmente autorizzate e contraddistinte dal carattere «aperto», cioè dalla garanzia di libera competizione tra più concorrenti”.

La giurisprudenza della Cassazione interpreta l’elenco recato dall’art. 44 comma 1 del DPR 131/86 come tassativo. Pertanto, il criterio della base imponibile coincidente con il prezzo di aggiudicazione opera limitatamente ai casi espressamente elencati dalla norma e non può estendersi:
– né alle successive cessioni del bene acquistato all’asta pubblica o in sede di pubblico incanto (Cass. n. 22141/2010; si veda “Il prezzo di aggiudicazione non conta in caso di rivendita dell’immobile” dell’11 novembre 2010);
– né ai trasferimenti di beni disposti in esecuzione di concordati preventivi o concordati fallimentari (Cass. nn. 15743/2013 e 6403/2003).

In particolare, nella sentenza n. 15743/2013, la Cassazione ha affermato che il trasferimento di immobili, disposto in sede di concordato preventivo con cessione di beni, non può rientrare tra le ipotesi individuate dall’art. 44 del DPR 131/86, né mediante interpretazione estensiva della norma, né di applicazione analogica, in quanto le cessioni operate in concordato preventivo non presentano:
– né la determinazione giudiziale del prezzo (atteso che il concordato e le cessioni hanno natura negoziale);
– né la finalità di realizzare il maggior prezzo possibile, atteso che l’istituto si prefigge piuttosto lo scopo di raggiungere la maggior convenienza economica per i creditori.

Secondo la giurisprudenza, perché operi la preclusione all’accertamento di cui all’art. 44, sono necessari due presupposti indefettibili:
– che il trasferimento sia avvenuto in sede di espropriazione forzata, oppure tramite contratti aggiudicati o stipulati a pubblico incanto o all’asta pubblica;
– che vi sia un prezzo di aggiudicazione, fissato in sede di pubblica gara, cui commisurare la base imponibile (Cass. 6403/2003).

Deve tenersi conto di ciò che ha inciso sulla redditività dell’azienda

L’interpretazione restrittiva dell’art. 44 del DPR 131/86 è avallata anche dal Fisco (circ. n. 54/2007 e ris. n. 102/2007) che, però, dopo aver escluso l’applicabilità della regola eccezionale dell’art. 44 alle vendite d’azienda effettuate nell’ambito di una procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza (DLgs. n. 270/99), nella circ. n. 54/2017 precisa che nella definizione della base imponibile deve comunque tenersi conto delle “vicende che hanno inciso sulla redditività dell’azienda (che, non va dimenticato, è in crisi) e delle circostanze che hanno influito sulla formazione del prezzo di cessione”.

Sebbene la rigida impostazione accolta dalla Cassazione trovi riscontro nella lettera normativa, tuttavia, l’evoluzione dell’istituto del concordato (sempre più rivolto a garantire la continuità aziendale), nonché la presenza, comunque, di una forma di supervisione da parte dell’autorità giudiziaria (omologazione) potrebbero suggerire una diversa interpretazione o, per lo meno, auspicare una modifica normativa che vada nel senso di estendere i limiti alla rettifica anche alle cessioni operate in sede di concordato.