L’effettività delle operazioni e l’incasso del corrispettivo da parte del donatario non sono elementi sufficienti a escludere lo scopo elusivo

Di Alessandro BORGOGLIO

Con l’ordinanza n. 18487/2017, la Suprema Corte ha nuovamente confermato quell’orientamento di legittimità per cui la donazione di un’area edificabile a un prossimo congiunto, realizzata poco tempo prima della vendita da parte di quest’ultimo a un terzo, configura un’ipotesi di simulazione relativa, quandanche le operazioni siano state effettivamente poste in essere tra i predetti soggetti e il prezzo della cessione sia stato incassato dal donatario: tali elementi, infatti, non sono sufficienti a escludere lo scopo elusivo dell’intera operazione negoziale.

Ai sensi dell’art. 68 del TUIR, le plusvalenze derivanti da cessioni immobiliari sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo; tuttavia, per i terreni edificabili acquistati per effetto di successione o donazione si assume come prezzo di acquisto il valore dichiarato nelle relative denunce e atti registrati, o in seguito definito e liquidato, aumentato di ogni altro costo successivo inerente, nonché dell’imposta di successione.

Alla luce di tale disposizione, pertanto, se un contribuente cede direttamente un terreno edificabile di proprietà, la differenza tra il corrispettivo percepito e il costo di acquisto costituisce plusvalenza tassabile; se lo stesso contribuente, però, anziché procedere direttamente alla cessione a terzi, effettua prima una donazione del medesimo immobile a un parente consenziente e questi dopo (o meglio, poco dopo) lo rivende ai terzi, allora la cessione finale genererà una plusvalenza pari alla differenza tra il corrispettivo della cessione ai terzi e il valore indicato nell’atto di donazione (che potrebbe anche essere zero).

Si comprende come la disposizione si presti a manovre elusive per ridurre/azzerare la plusvalenza emergente dalla cessione finale dell’area edificabile a terzi, il che si manifesta soprattutto quando si rinvengono operazioni di donazione-cessione molto ravvicinate nel tempo e per importi sostanzialmente identici.
Come è stato ricordato con la sentenza in commento, la Cassazione, in passato, ha ripetutamente riconosciuto la possibilità di dichiarare inopponibili all’Amministrazione finanziaria i benefici fiscali derivanti dalla combinazione di operazioni a ciò volte, ove sussistano elementi che lascino fondatamente presumere lo scopo elusivo dell’operazione, e ciò in applicazione di un principio generale antielusivo desumibile dall’art. 53 Cost., ma anche dai principi comunitari.

È stato al riguardo più volte precisato che la disciplina dell’interposizione, prevista dall’art. 37, comma 3 del DPR 600/1973, non presuppone necessariamente un comportamento fraudolento da parte del contribuente, essendo sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l’applicazione del regime fiscale che costituisce il presupposto d’imposta.
Ne deriva che il fenomeno della simulazione relativa, nell’ambito della quale può ricomprendersi l’interposizione fittizia di persona, non esaurisce il campo di applicazione della norma, ben potendo attuarsi lo scopo elusivo anche mediante operazioni effettive e reali; il carattere reale, e non simulato, dell’operazione di vendita e l’effettiva percezione del prezzo da parte dei venditori-donatari, pertanto, non sono sufficienti a escludere lo scopo elusivo dell’intera operazione negoziale posta in essere, nella sequenza donazione-vendita (tra le altre, Cass. nn. 21794/2014 e 20250/2015).

In sostanza, per la Suprema Corte, in questi casi, l’Amministrazione finanziaria può legittimamente imputare la plusvalenza al donante, di fatto non considerando il passaggio intermedio della donazione e utilizzando, ai fini del calcolo della plusvalenza, il prezzo di acquisto del terreno da parte del donante e il corrispettivo della cessione finale ai terzi.
Tale “granitica” posizione sembrava essere stata scalfita dalla sentenza n. 12316/2017, con la quale i giudici di legittimità hanno stabilito che la donazione di un terreno edificabile a favore dei figli non è simulata se il prezzo della successiva vendita è effettivamente incassato dai donatari e non vi è alcun elemento per dimostrare che il corrispettivo sia stato, da questi ultimi, retrocesso al donante: ciò, tuttavia, considerando che tra le due operazioni – donazione e successiva cessione, peraltro al medesimo importo – erano trascorsi circa due mesi.

Con la sentenza in commento, invece, in un caso esattamente sovrapponibile, ma in cui il tempo intercorrente tra le due operazioni (donazione e cessione) era stato solo di un mese, la Cassazione ha stabilito che l’effettività delle operazioni e l’incasso del corrispettivo da parte del donatario non sono elementi sufficienti a escludere lo scopo elusivo.
In conclusione, quindi, sembrerebbe che il precedente arresto di quest’anno favorevole al contribuente rimarrà una decisione isolata, dovendosi confermare l’orientamento pressoché consolidato formatosi in seno alla Suprema Corte.